Il grande arazzo seicentesco “Ananias et Saphira”, nato dal cartone di Raffaello Sanzio e appartenente alla collezione privata del mecenate Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona, farà tappa in aprile a Palma di Montechiaro.
L’opera, che secondo gli studiosi, è riconducibile alle tessiture di Heinrich Mattens di Bruxelles degli anni 1620-1624, nasce da uno dei dieci cartoni che Raffaello realizzò su incarico di Papa Leone X per la Cappella Sistina. Sette sono esposti al Victoria & Albert Museum di Londra.
L’arazzo, dopo quattro mesi di esposizione al Palazzo Abatellis di Palermo, andrà in tour lungo un itinerario raffaellesco che tocca la Sicilia e la Calabria e dal 21 aprile al 15 maggio sarà in mostra a Palazzo Ducale a Palma di Montechiaro.
“Ci siamo come Destination Management Organization – afferma l’amministratore del Distretto Turistico Valle dei Templi, Fabrizio La Gaipa – per sostenere validamente l’iniziativa, sia con la valorizzazione dell’evento, che con la promozione, per il fine della più ampia partecipazione da parte di cittadini e turisti, di appassionati d’arte e studiosi, che potranno ammirare l’arazzo in un luogo ricco di fascino, di bellezza e di storia. Come già avvenuto per altre iniziative inquadrabili in un rilancio turistico e culturale del territorio, anche questa di Palma di Montechiaro potrà coincidere con un programma complessivo, che prevede eventi di altissimo profilo e che ha la sua sintesi nella Biennale del Gattopardo».
«È un’opportunità straordinaria – afferma il sindaco di Palma di Montechiaro, Stefano Castellino – poter accogliere al Palazzo Ducale quest’opera che ci riporta all’epoca della fondazione di Palma, un periodo storico che legò indissolubilmente il suo nome alla famiglia Tomasi. L’esposizione dell’arazzo coinciderà con la Biennale del Gattopardo, promossa dal Gruppo di Lavoro “Io Sono Palma”, che con l’Istituzione Tomasi rappresenta un punto di riferimento per il rilancio turistico e culturale del territorio».
«Considerata la peculiarità della realtà sociale e geografica della città di Palma di Montechiaro – afferma Letizia Pace, presidente dell’Istituzione Culturale “Giuseppe Tomasi di Lampedusa” – la nostra istituzione intende promuovere tutte le attività che avvicinino l’arte ai cittadini, spesso impossibilitati ad accedervi per ragioni di distanza. L’arazzo di Raffaello rappresenta l’evento inaugurale dell’ormai riconosciuta Istituzione Culturale; il primo di una numerosa serie di attività che conferiscono centralità a un tassello territoriale spesso considerato margine e periferia. Il palazzo Ducale, allora, si configura come centro propulsore di un rinascimento culturale ben radicato sul territorio. Un ringraziamento va al sindaco Castellino per la fiducia che ha riposto in noi, condividendo appieno i nostri obiettivi, e una speciale menzione alla generosità di Roberto Ruggi Bilotti d’Aragona per aver concesso il suo arazzo in esposizione al Palazzo Ducale».
A curare il progetto itinerante che pone in relazione l’opera con i riferimenti raffaelleschi in Sicilia è la storica dell’Arte Evelina De Castro, direttrice di Palazzo Abatellis Galleria Regionale della Sicilia.
L’opera è la rielaborazione dell’arazzo raffigurante la “Morte di Anania” fulminato da San Pietro perché colpevole di non aver consegnato alla comunità cristiana tutto il denaro ricavato dalla vendita di un fondo. Il soggetto è spiegato nei versetti biblici del cartiglio posto sulla bordura superiore, sostenuto da due putti con a fianco ghirlande di fiori. Mentre nelle bordure laterali e nella inferiore sono presenti figure allegoriche accompagnate a volte dal loro nome in latino: Caritas, Obedientia, Benedictio, Victoria, Raptus, Famine, Luxus.
Raffaello, grande innovatore anche nella comunicazione, sosteneva la riproduzione e la diffusione di immagine, soggetto e composizione attraverso stampe multipli.
I cartoni furono realizzati dall’artista quando era all’apice della sua fama romana. I primi arazzi furono tessuti in seta, argento dorato e lana tra il 1517 e il 1521 a Bruxelles nella bottega più illustre dell’epoca, quella di Pieter Van Aelst.