Insultare le Istituzioni è diventato uno sport. A turno se la giocano i catto comunisti radical chic, più radical che chic, e Giuseppe Di Rosa, nè radical, nè chic. Solo catto…

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Un po’ alla volta, si passano la palla e se la giocano. A turno incrociano i loro “brillanti” pensieri e attaccano le Istituzioni come se nulla fosse. Si sentono i padron, liberi di dire quel che vogliono, forti di una forza che nessuno gli riconosce. Ma blaterano, accusano, insultano. E poi, come sempre accade in questi casi, quando le “forze” in campo sono pari a quelle delle miccette bum bum, si sbranano tra di loro, come iene impazzite pronte ad azzannarsi gli uni contro gli altri fra scontri fratricidi.

In questo articolo abbiamo due classici esempi che conclamano in modo inesorabile “l’amore fraterno” regna tra di loro, la lealtà e l’onestà intellettuale per poi sciorinare a destra e a manca lezioni di moralità (non si capisce a che titolo).

Nel caso dei presunti radical chic è di due giorni fa una strana solidarietà del segretario cittadino del partito comunista, Nino Cuffaro, a preti e sindacalisti, pur di andare contro la prima Autorità cittadina. E poi, dopo aver sgamato una serie di storielle si scannano tra di loro. Il deputato regionale che prende le distanze dal segretario cittadino; la deputata nazionale che prende le distanze dal deputato regionale (ma siamo certi che all’inizio le intenzioni dell’on. Giovanna Iacono, detta Ivana, erano quelle di abbracciare El Nino e le è stata fatta cambiare idea in modo repentino?) e abbraccia il segretario cittadino. Insomma, in un bordello c’è meno caos. Dall’oltretomba risorge quello che fu il mitico comunista degli anni 80, Lillo Miccichè e, anche lui, contagiato da una epidemia violentissima, perde l’occasione per star zitto (anche perchè sentirlo parlare non è che poi sia poi irresistibile).

Ma tant’è. Loro sono radical, loro sono chic, loro sono i detentori del verbo e pertanto se ogni tanto, con le loro liti, fanno ridere una intera provincia tutto viene concesso.

E’ il turno del Codacons locale nella persona della “trasparenza” di tal Giuseppe Di Rosa. Ieri in uno dei suoi memorabili video non ha perso tempo di attaccare la massima Autorità agrigentina. E, come al solito, lo ha fatto nel peggiore dei modi. Mentre nello stesso video giurava di non avere nulla contro il Prefetto, qualche secondo dopo lo accusava di inaugurare una struttura antimafia dove era presente un sindaco indagato per mafia, o giù di lì.

Non riusciamo a capire cosa avrebbe voluto dire, ma certamente si “apprezza” tanto il gesto di volere infangare un uomo perbene, di Stato, assolutamente produttivo senza mettere un microfono in mano. Le ribalte, del resto, sono preferite da chi nella vita ha visto pochissima luce. Insomma, un accostamento fuori luogo che ha segnato per l’ennesima volta quella spiccata attività di detrattore della peggiore specie presente in città, unitamente ad un porco puzzolente che ama insultare le donne perbene (quella troia…).

L’accostamento di quella inaugurazione equivale nè più e nè meno come se a Di Rosa dicessero: “Senti, trasparente, vedi che tu, a casa, in famiglia, hai un fratello ladro conclamato dai tribunali che ruba i soldi ai vecchietti ed è stato condannato. Come puoi rappresentare la trasparenza e la legalità se in famiglia, quella più stretta, si ruba a man basse peggio di Arsenio Lupin?

Rimanendo sempre nell’attesa di sapere perchè la legalità in persona rappresentata dal Di Rosa è stato cacciato via dalla gestione dello spaccio del carcere di Agrigento (da otto mesi che glielo chiediamo…). Senza contare il fatto che il tizio aveva avuto la bella idea di vendere per corrispondenza biscotti ricci delle monache di clausura e anfibi belli e buoni per andare a caccia sfruttando il numero di telefono del carcere stesso. Altro che Zelig! Ed anche in questo caso il Di Rosa non perde occasione di sparare a zero contro quelli che fino a ieri erano i suoi compagni di merende, definendoli senza dignità (sempre nello stesso video) perchè sono saliti dal Prefetto per consegnare una serie di soluzioni contro la crisi idrica.

Per Di Rosa, dunque, Don Mario Sorce, Gero Acquisto, Alfonso Buscemi, il satiro Cartannilica, qualche donna e qualche altro maschietto sarebbero senza dignità.

Minchia, e se lo dice lui…

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