di Maurizio Giuseppe Piscopo
Aurelio Patti è una delle più belle persone che ho incontrato nella mia vita, un musicista saggio e tenace con idee organizzative da regista ed una eleganza che l’ha sempre distinto. Ci siamo incontrati all’interno dei gruppi folkloristici agrigentini. Da lui ho imparato tante cose sulla musica popolare.
Suoni il friscalettu catanese in maniera speciale. Da chi hai appreso questa tecnica?
“Si, lo suonavo discretamente bene perché ho avuto un maestro ed una persona da emulare assolutamente straordinaria. Si tratta dell’indimenticato Giovanni Greco- per me il migliore e più sensibile suonatore di friscaletto che sia mai esistito- che ho conosciuto nel 1969 ad Acireale in un raduno di gruppi folkloristici, con il quale sono diventato amico suo e della famiglia. Spesso andavo a trovarlo nella sua Catania, si affezionò così tanto che mi mise fra le mani il friscalettu “catanese” (quello con sette buchi sopra e due sotto) che lui stesso costruiva egregiamente. Ma io mi feci promettere anche andandolo a trovare due volte al mese, delle lezioni su come mettere l’anima quando si esegue un brano e farlo uscire da quel pezzo di canna. Prima suonavo il friscalettu agrigentino, (sei buchi sopra e uno sotto, basato sulle ottave con la stessa posizione), tecnica appresa da un altro grande suonatore e costruttore, il cav. Alfonso Puma, musicista e papà di Pietro Puma”.
Hai fondato il gruppo Valle dei Templi, tra i più importanti gruppi di Agrigento.
“Nel 1966 assieme ad altri amici, tutti facenti parte allora dell’unico gruppo agrigentino; Il Val d’Akragas, fondammo il Gruppo Valle dei Templi, primo presidente Ernesto Natalello”.
Per quanti anni hai diretto il Valle dei Templi?
“Ho diretto il Valle dei Templi ininterrottamente dal 1968 al 1994”.
Quali sono gli Stati dove vi siete esibiti con il gruppo folkloristico?
“Abbiamo iniziato con il Festival di Vichy in Francia nel 1969; poi abbiamo partecipato ai Festival internazionali del Folklore più prestigiosi del mondo ( Polonia, Inghilterra, Germania, Bulgaria, Israele, Svizzera, Spagna, Canada, Finlandia, Grecia, U.S.A. per citarne alcuni, siamo stati due volte in Giappone, in Thailandia, Kuwait, Hong – Kong, al Word Disney Word- Epcot Center di Orlando, in Marocco, Libia Tunisia, Belgio e poi, il top dei top, nel 1989 il Gruppo è stato a Tahiti e Morea in Polinesia dove per 10 giorni abbiamo animato l’Italian Festival presso Hyatt Regency gioello ricettivo di Papeete”.
Come reagivano gli stranieri quando ascoltavano le canzoni siciliane del gruppo folkloristico?
“Ci dicevano che portavamo allegria, il sole e l’anima dei siciliani ed apprezzavano moltissimo la serietà e la professionalità con la quale facevamo il nostro “lavoro”.
Che cos’è per te la musica folkloristica?
“E’ l’espressione dell’anima di un popolo che bisogna conservare, custodire e tramandare nella maniera più autentica e comunque preservandola da pericolose interpolazioni- che io chiamo barbarismi- cosa che purtroppo è stata spesso perpetrata da inconsapevoli dirigenti di gruppi, non solo agrigentini o siciliani, per pura ignoranza”.
La costruzione dei balli, le scenografie. Chi si è occupato di tutto ciò?
“Agli inizi dell’attività del gruppo i ballerini più anziani con la supervisione di Pippo Flora si sono cimentati nel ruolo di “coreografi”. Pippo Flora ci ha dato dei preziosi suggerimenti. Per alzare il livello di professionalità del gruppo ho chiamato due professionisti miei amici: Romano Bernardi ( regista presso il teatro Stabile di Catania persona di gran gusto e fantasia e Guido Guidi coreografo dello stabile di Catania), che ci suggerirono e ci aiutarono a realizzare nuovi costumi di scena teatrali rispettosi della tradizione popolare siciliana, confezionati da maestranze e costumisti sempre dello Stabile di Catania”.
Cosa rimane dei gruppi folkloristici e del gruppo Valle dei Templi?
“I gruppi folkloristici agrigentini, nati come funghi a partire dalla fine degli anni settanta fino a raggiungere un numero esagerato e sproporzionato per le dimensioni della Città, si sono sciolti come neve al sole ed hanno lasciato ben poca traccia della loro esistenza essendo prevalentemente basati su improvvide e mal riuscite imitazioni del Valle dei Templi e del Val D’Akragas”.
Qual è la città nella quale vorresti ritornare a suonare u “chiovu”?
“Mi piacerebbe poter tornare da partecipante- e quindi da protagonista- al festival internazionale del Folklore di Drummondville in Canada, della cui città sono orgogliosamente cittadino onorario”.
Ha un futuro la musica popolare siciliana?
“Spero che ce l’abbia, se lo merita, ma bisogna trovare il veicolo giusto ed i talenti che la sappiano valorizzare smettendo di scimmiottare la musica inglese e americana”.
Qual’ era il limite di un gruppo folkloristico?
“Il limite di ogni attività sta sempre negli uomini che la svolgono, dalla loro capacità di saper dare alla musica folklorica ed alle tradizioni un futuro rileggendo il suo passato”.
Ma l’immagine della Sicilia del gruppo folkloristico non è l’immagine della Sicilia stereotipata della cartolina?
“Non lo so, dipende. Bisogna fare uno sforzo per trasmettere al pubblico lo spirito e l’orgoglio del suo popolo e del suo passato”.
Perché Agrigento non ha mai preso sul serio il turismo?
“Siamo nelle mani di gente incapace, convinta di essere in grado di saper fare tutto e non si accorge che basterebbe soltanto un poco di modestia, girarsi e vedere cosa e come altri popoli sono stati in grado di realizzare. Noi della Valle dei Templi l’abbiamo visto e toccato con mano il giro per il mondo, il cambiamento. Abbiamo un tesoro che i governanti non hanno mai saputo valorizzare”.
Perché non si è fatto l’aeroporto nella città dei templi?
“L’aeroporto c’è soltanto sulla carta e c’è anche un progetto plastico della Provincia Regionale (costato chissà quanto), ma non si farà mai perché i politici hanno litigato per anni senza mettersi d’accordo se farlo a Piano Romano o vicino Sciacca- con il risultato che non si è fatto in nessun posto. E poi chi va a toccare e squilibrare i grandi interessi correlati agli aeroporti di Catania e Palermo?”
Sei uno degli autori di Punto Fermo. Qual è il tuo rapporto con i mezzi di comunicazione?
Il mio rapporto con i mezzi di comunicazione è nato agli inizi degli anni 90 quando con Mario Gaziano abbiamo ideato e condotto il settimanale punto Fermo. Ho smesso di frequentare Teleacras con l’aggravarsi dello stato di salute di mia moglie”.
Riavvolgendo il nastro della tua vita, rifaresti le cose che hai fatto?
“Si, è chiaro rifarei tutto quello che ho fatto. Non rinnego niente del mio passato. Con il senno del poi posso solo dire che alcune cose andavano fatte un pò prima, mentre per altre sarebbe più opportuno meditare un tantino in più”.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
“Non ho grandi progetti per il futuro, sarebbe difficile alla mia età. Conto di vivere serenamente, di vedere crescere i miei nipotini ed accompagnarli con il cuore nel loro cammino. Continuare a percorrere la strada finchè la salute e chi decide queste cose me lo permetteranno, continuando a godere dell’affetto dei miei cari e dei pochi, ma veri ottimi Amici di cui la vita mi ha fatto dono”.
Maurizio Giuseppe Piscopo