Quando avvengono morti così terribili ma al contempo così complesse, si corre il rischio di voler trovare un colpevole che abbia un nome ed un cognome, qualcuno da assicurare alla giustizia se è ancora in vita o da crocifiggere sull’altare delle colpe, come se debba per forza essere uno e uno soltanto il colpevole.
E’ davvero un “rompicapo con troppe variabili” – come lo ha definito il Procuratore di Patti Angelo Cavallo.
La storia di Viviana Parisi e del suo figlioletto Gioele che occupa le pagine principali di giornali e Tg ci pone inevitabilmente davanti a innumerevoli quesiti, molti dei quali sono differenti e distanti da quelli ai quali stanno lavorando gli investigatori, che devono delle risposte a chi resta, devono delle risposte perché il loro lavoro è quello di risolvere enigmi, fornendo dati certi, concreti ed inconfutabili. E lo dovono perché la verità è d’obbligo, perché si deve sapere cosa sia successo. Un po’ più difficile è stabilirne i perché e dietro quei perché spesso c’è un mondo buio, sconosciuto, a volte incomprensibile fino in fondo e che fa paura, calato in quella realtà in cui ci siano dei bambini tanto piccoli quanto indifesi; perché non sempre noi genitori siamo in gradi di proteggerli da qualcosa di brutto e a volte anche da noi stessi.
E così mentre ancora investigatori e forze dell’ordine lavorano alacremente e senza sosta per porgere ai familiari e all’opinione pubblica una verità quanto più possibile vicina alla realtà, a volte fatta anche di congetture, ricostruzioni, presupposti tutti da verificare e da far quadrare, a me è venuto in mente l’importanza di tutto quello che è dietro la vita di quella famiglia, qualcosa che si sia nascosto in una quotidianità apparentemente come tante altre, ma che in buona sostanza era la personalissima vita di Viviana, di suo marito Daniele Mondello e del piccolo Gioele.
A me sembra che si cerchi a tutti i costi di screditare l’operato delle forze dell’ordine come se ci fosse una volontà precisa di non consegnare la verità. Ma la verità fa il paio con coscienza.
Daniele Mondello dalle pagine di Fb, dalla sua pagina pubblica che fino a qualche mese fa usava esclusivamente per mettere musica a palla (cose da Dj) oggi, lancia l’elenco di cose che – Mondello ci scuserà – sappiamo già perché ce le aveva già dette ossia che la moglie non aveva mai picchiato il figlio, e che soffriva di un po’ di ansia. A parte che la cosa più brutta di casi come questo è che la vita cosiddetta privata diventa di dominio pubblico, ma viene da chiedersi invece cosa sia accaduto davvero nel periodo antecedente alla tragedia. Chissà se il signor Mondello qualche domanda se la sia posta, se sia andato indietro con la mente a qualche episodio del passato, a qualche avvisaglia, a qualche parola detta o al contrario taciuta.
Dal certificato medico diffuso dai legali del sig. Mondello, ritrovato nell’autovettura datato 17 marzo si evince che Viviana Parisi fosse affetta da “paranoia con un crollo mentale dovuto a una crisi mistica”. Tra stato ansioso e crisi paranoica c’è un vero abisso e lo si capisce anche non essendo esperti in materia. Ma ho chiesto ad uno specialista di spiegarmi cosa accade quando si è affetti da questa patologia e così ha risposto:
Tutte le patologie di tipo psicologico o psichiatrico danno le “avvisaglie”. Nel caso specifico, trattandosi di psicosi con deliri paranoidei e deliri mistici, direi che i comportamenti disfunzionali che ne derivano sono assolutamente chiari e visibili. Quando si parla di psicosi, non si deve pensare solo alla conosciuta schizofrenia che generalmente ha un’insorgenza nella giovane età adulta, anche se i sintomi prodromici, spesso equiparati a quelli tipici dei disturbi di personalità, sono presenti già in adolescenza, ma anche ad altri tipi di psicosi con origini differenti, come quelle indotte da condizioni mediche, indotte da sostanze oppure da traumi. In questi casi le psicosi possono essere diagnosticate a qualsiasi età. Al momento si sa solo di queste diagnosi ma se ne dovrà accertare l’origine. Veramente una triste storia che poteva essere evitata se solo alle malattie mentali si desse la stessa dignità di quelle fisiche.
Io non lo so che cosa sia successo a Viviana e al piccolo Giole e resto in attesa che si faccia luce su tutta la vicenda, perché si è consumata una tragedia della quale ancora sappiamo molto poco, e la strada è ancora lunga fino a quando si potrà accertare cosa sia accaduto con certezza, ma alcune domande nascono spontanee:
C’è stata la giusta cautela?
Ci si accertava tutti i giorni che questa donna fosse in grado di badare a se stessa e al bambino?
Ci saranno state altre bugie come quella di quel giorno della scomparsa, quando Viviana raccontava di dover andare in un luogo e poi si è trovata da tutt’altra parte?
Perché quando ha ingerito quelle 6 pillole, si è lasciato che la donna firmasse per lasciare l’ospedale?
Qualcuno può dire o meno se si era trattato di un tentativo di suicidio?
La donna era o non era sotto osservazione?
Quella crisi mistica che effetto aveva nel quotidiano della donna?
Dalle pagine Facebook si evincono video in cui è evidente che fosse una normalità per i genitori di Gioele permettere al bambino di stare in piedi in macchina al centro tra mamma e papà mentre la macchina era in marcia. Cantavano, si riprendevano e il bambino era in piedi, sempre. Presumibilmente anche il giorno della sciagura – saranno i video sequestrati insieme alla pagina social della donna a darne conferma – il bambino era in piedi. Chiameremmo “incoscienza” quello che forse per loro era solo una leggerezza. Non assicurare un bambino così piccolo in un regolare seggiolino omologato, è un atto sconsiderato, senza coscienza.
Gli operai dell’Anas sostengono che quando hanno sentito la botta del tamponamento avvenuto ad opera di Viviana Parisi, si sono avvicinati alla vettura che dopo l’impatto aveva proceduto ancora di 50 metri e che una volta giunti sul posto non hanno visto nessuno, non c’era nessuno all’interno del veicolo. Ma Viviana con in braccio Gioele si sarà allontanata dal luogo e risulta impossibile credere che nessuno abbia visto la donna e che nessuno si sia chiesto cosa ci facesse a piedi su un’autostrada e perché scavalcasse un guardrail. Tanti sono stati gli appelli da parte degli investigatori a chi avesse qualche notizia che potesse essere d’aiuto per risolvere questo caso così simile ad un rompicapo. E quell’ultimo messaggio lasciato da Viviana: “arriva il momento in cui ci smarriamo, in cui abbiamo bisogno della solitudine”.
Si sentiva sola Viviana?
Dentro quale tipo di solitudine era finita?
E se aveva una crisi mistica, e credeva in Dio perché uccidersi?
Perché era salita su quel traliccio?
Da cosa o chi scappava?
A me sembra che si voglia screditare gli altri, quando basterebbe forse, nell’attesa che si arrivi alla sacrosanta verità, che ci si soffermasse a porsi qualche domanda. Forse una parte di verità risiede anche in fondo ad una indispensabile coscienza.