Altri particolari sulle motivazioni che hanno indotto il Tribunale di Catania a convalidare l’arresto in carcere di Martina Patti. L’intervento del giudice e le dichiarazioni della donna.
Dunque, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania, Daniela Monaco Crea, ha convalidato l’arresto in carcere di Martina Patti, la donna di 23 anni che lunedì 13 giugno ha ucciso la figlia Elena di quasi 5 anni. Tra le 15 pagine del provvedimento, il giudice ha scritto: “Martina Patti, nonostante il tentativo di lasciar credere di avere agito senza una piena consapevolezza, è una donna lucida e calcolatrice, e, se non arrestata, potrebbe darsi alla fuga. E la piccola Elena, vittima di una morte violenta particolarmente cruenta e anche lenta, è stata uccisa da una donna che in tutte le fasi dell’omicidio deve essere stata necessariamente nel pieno delle sue facoltà, trovandosi in condizioni fisiche e psichiche idonee all’agire. Perché uccidere un figlio in tenera età, e quindi indifeso, oltre a integrare un gravissimo delitto, è un comportamento innaturale, ripugnante, eticamente immorale, riprovevole e disprezzabile, per nulla accettabile in alcun contesto. E’ indice di un istinto criminale spiccato e di elevato grado di pericolosità. La donna non ha manifestato segni di pentimento: ha inscenato il rapimento con estrema lucidità e non ha manifestato segni di ravvedimento e pentimento. Sono tutti elementi che denotano una particolare spregiudicatezza, insensibilità, e assoluta mancanza di resipiscenza”. E Martina Patti così ha risposto ad alcune domande del giudice che l’ha interrogata: “Ho portato Elena in questo campo e le ho fatto del male e non ricordo altro. Ho avuto una cosa lunga tipo un coltello, non ricordo dove l’ho preso, non so perché ce l’avevo. Quando l’ho colpita non ricordo bene, perché ero girata e non volevo guardare. Non ricordo cosa sia passato nella mia mente quando ho colpito mia figlia, anzi posso dire che non mi è passato nessun pensiero, come se in quel momento fossi una persona diversa. Non ricordo la reazione della bambina mentre la colpivo, forse era ferma, ma ho un ricordo molto annebbiato. Non ricordo di aver sotterrato la bambina, ma sicuramente sono stata io”.