L’Aica sulla scia dell’ex carrozzone Eas

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di Filippo Cardinale

Il direttore generale dell’AICA, Fiorella Scalia, ha trovato la soluzione per la gestione della società consortile pubblica che avrebbe dovuto risolvere tutti i problemi e che avrebbe dovuto rappresentare un fulgido esempio per tutte le altre gestioni: disponibilità di risorse finanziarie a fondo perduto da parte della Regione, oppure la disponibilità della Regione ad appaltare (e finanziare) i lavori, anche con procedure di protezione civile.

Ma il direttore generale sa che la normativa comunitaria vieta ad una società pubblica di ricevere risorse a fondo perduto, sia cash che con una interposizione fittizia per lo svolgimento di compiti che sono della società? Se non lo sa ci sembra grave, ma se invece lo sa allora è ancora peggio, perché suggerisce soluzioni illegittime.

Ma quando appena tre mesi fa si è levato il coro dei Sindaci (che si complimentavano con sé stessi per quanto erano stati bravi) per la brillante e veloce operazione di costituzione dell’AICA e l’ATI, in mano ad un altro sindaco, procedeva speditamente (e festante anche lui) a passare la gestione, ed i sindacati festeggiavano per l’altra soluzione molto dubbia, dal punto di vista normativo, del transito del personale che di colpo diventava pubblico in violazione della norma costituzionale della selezione pubblica, noi avevamo già scritto che quella era la cronaca di una morte annunciata.

Ed abbiamo continuato a contestare le ipotesi del prestito a debito dei Comuni, perché la mancanza di un piano industriale dal quale si sarebbe dovuta rilevare la capacità dell’impresa sia sul piano gestionale che dei costi/ricavi avrebbe aumentato i rischi di una riduzione dei trasferimenti regionali, che quel prestito garantivano, in un contesto di finanza locale asfittica e sull’orlo del dissesto economico.

La previsione in realtà era abbastanza facile. Oggi la proposta è quella di tornare ad un nuovo EAS, giocare a fare gli imprenditori con i soldi di mamma Regione. Ed in più i soliti noti (Sindaci, deputati, sindacalisti, ecc.) si oppongono al disegno di legge regionale che prevede l’istituzione di un unico Ambito territoriale comprendente l’intero territorio regionale.

In realtà l’ambito unico regionale garantirebbe criteri di efficienza ed un razionale utilizzo della risorsa idrica accentrando il sistema di gestione e sviluppando sinergie tra i territori. Peraltro la Corte costituzionale si è espressa nel senso che la proposta di legge è stata adottata per stabilire a chi compete la regia della gestione idrica in Sicilia.

 

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