La pandemia con il suo contorno di divieti, chiusure di attività, crisi economica dell’intero sistema produttivo e commerciale e crisi di redditi non pagati ai lavoratori, impatta sul Natale.
Un Natale strano, un Natale particolare, un Natale che in un sol colpo ha annullato 70 anni di continui progressi economici e sociali della nostra Nazione, un Natale con un italiano su quattro che dovrà rinunciare ai tradizionali acquisti del momento, ed un Natale che si ritrova con una spesa media in calo e un PIL in caduta libera.
In questa contesto la Sicilia affonda e la Stato Italiano non agisce per ridare impulso al nostro sistema economico.
Assistiamo a una pletora di leggi, decreti e note esplicative tutte orientate a spalancare le porte alle multinazionali del commercio e della produzione. Multinazionali che, arrivate in Italia, impiantano la loro succursale italiana nelle già ricche regioni del nord, amplificando a dismisura l’ormai storico divario e dualismo nord/sud.
L’Europa approva il MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) e l’Italia si accoda alle sue scelte globaliste, ma quando si decide la quota dei finanziamenti spettanti all’Italia, iniziano i distinguo e le pretese nel Parlamento Italiano e la politica dà il meglio o il peggio di se.
L’Italia risulta essere la Nazione europea con la quota del MES più elevata ed il Governo giallorosso ha il compito di distribuire questa ingentissima somma tra tutti i territori che compongono la nostra Nazione.
La ragionevolezza ed il buon senso ci porterebbe a pensare che le quote maggiori verranno investite nei territori più in difficoltà e con meno infrastrutture per incentivarne la crescita nell’interesse dell’intera Nazione, invece apprendiamo che i criteri di distribuzione che il Governo Nazionale ha ritenuto corretto adottare, sono improntati su ben altri parametri che nella sostanza faranno crescere ancora di più le regioni già ricche a scapito delle regioni più povere.
Ma è veramente così difficile capire che il dualismo Nord/Sud è un danno per l’intera Nazione?
Far crescere solo una parte del territorio ed abbandonando al suo destino la restante parte, crea una errata redistribuzione degli investimenti impoverendo sempre più la parte debole ed impedendone la crescita.
In Sicilia assistiamo impotenti ad aziende che si arrendono e sono costrette a licenziare i propri dipendenti.
Negli ultimi 15 anni la Sicilia ha perso qualsi un milione della sua popolazione, costretti ad emigrare per puntare ad un futuro più sicuro.
Le aziende siciliane annaspano e non riescono ad essere più competitive oltre che per una struttura aziendale certamente più fragile rispetto alle aziende del nord, anche e principalmente per una politica liberista suicida del Governo Nazionale che ha aperto le porte alle multinazionali che stanno fagocitando il sistema produttivo e commerciale italiano formato essenzialmente da piccole e medie imprese.
La politica commerciale assurda imposta da questo Governo, ma anche dai precedenti, ha permesso l’invasione della nostra nazione di prodotti, sicuramente competitivi in termini di costo, ma altrettanto sicuramente di scadente qualità e dubbia provenienza che, anche grazie alla crisi economica che stiamo vivendo, costringe il popolo a preferire questi prodotti rispetto a quelli realizzati dalle nostre aziende che ci garantiscono, qualità del prodotto, delle materie prime utilizzate e cosa importante conoscenza della provenienza e della filiera produttiva.
Ormai siamo invasi da aziende estere che ci impongono il loro stile di vita, vi sono gruppi stranieri della grande distribuzione alimentare, presenti in Sicilia che nei loro scaffali non hanno una bottiglia di vino siciliano, ma, di contro, ben forniti di vino cileno, che vanta notoriamente una grande tradizione enologica conosciuta in tutto il mondo, di vino proveniente dal Sud Africa, e da altre realtà geografiche che solo da pochissimi anni hanno iniziato a produrre vino di bassissima qualità e coltivato con sistemi ritenuti in Italia illegali.
Per non parlare del grano, prodotto da sempre principe nell’agricoltura siciliana, che rischia di scomparire per dare spazio a grani provenienti dalle più disparate parti del mondo ed imbottito di veleni chimici.
L’elenco è sicuramente vasto dei prodotti siciliani che stanno soccombendo e con loro le aziende che li producono, con la conseguenziale perdita di posti di lavoro ed emigrazione obbligata per sopravvivere.
Il Sinalp da tempo insiste per l’approvazione di una legge che imponga la presenza negli scaffali della grande distribuzione straniera, di una percentuale di prodotti siciliani realizzati da aziende siciliane.
Ci rendiamo conto che in un mondo che va verso il globalismo più sfrenato, pompato, magnificato e voluto guarda caso dalle multinazionali e dall’attuale Europa che li rappresenta, accettare una difesa dei prodotti e dei produttori locali possa sembrare anacronistico, ma se si riflette bene sui cambiamenti epocali che stiamo vivendo, diventa fondamentale tutelare le nostre aziende dalla sicura scomparsa.
Difendere la propria struttura economica e produttiva non è sinonimo di sovranismo, inteso nell’accezione negativa che ultimamente gli viene data da certi ambienti proglobalismo, ma rendersi conto che se uccidiamo la struttura economica e produttiva locale, interi territori saranno di fatto “desertificati” trovandoci in presenza di intere comunità obbligate a cambiare letteralmente il loro stile di vita ed alimentare.
Questo radicale cambiamento causerà disoccupazione ed emigrazione, fattori questi si negativi che una comunità deve augurarsi non avvengano mai.
Per tutto questo, come sindacato SINALP invitiamo il Presidente della Regione Siciliana. On. Nello Musumeci, a ragionare su interventi legislativi in grado di imporre alle aziende non siciliane presenti nel nostro territorio a commercializzare una certa percentuale di prodotti siciliani affinchè si tuteli il livello occupazionale e si dia un conreto aiuto alle nostre aziende produttrici.