A Palermo al processo per il duplice omicidio di Nino Agostino e Ida Castelluccio ha testimoniato l’ex boss poi pentito, Rosario Naimo, definito da Riina più potente del presidente degli Stati Uniti.
Innanzi alla Corte d’Assise di Palermo, presieduta da Sergio Gulotta, con Monica Sammartino giudice a latere, è in corso il processo ordinario per il duplice omicidio del poliziotto Antonino Agostino e della moglie, Ida Castelluccio, incinta di due mesi, assassinati il 5 agosto del 1989, a Villagrazia di Carini, frazione di Carini, in provincia di Palermo. Ebbene, dopo Giovanni Brusca adesso ha testimoniato Rosario Naimo, ex boss della famiglia di “San Lorenzo” legato ai “Gambino” di New York, oggi collaboratore della giustizia. Naimo, a suo tempo talmente influente tanto da essere definito da Totò Riina come “più potente del presidente degli Stati Uniti”, ha esordito ricordando il giorno del 5 agosto del 1989. Così: “Quel giorno qualcuno dei ragazzi che gestivano la mia latitanza ci disse ‘oggi restate a casa’. Si capiva che c’era movimento di polizia in giro, anche se non si scese nei particolari. Era inteso di non andare in giro con la macchina. Poi la sera mentre mangiavamo abbiamo acceso il televisore e vedemmo questa tragedia. Mi colpì il fatto che si parlava di una donna assassinata. Per le mie conoscenze, la dinamica del delitto, per il metodo e l’organizzazione, è tipica di Cosa Nostra”. Rosario Naimo è stato l’anello di congiunzione tra Cosa Nostra siciliana e Cosa Nostra americana, già “re del narcotraffico” negli anni ’70 e ’80. Per oltre 20 anni è stato latitante, e non è stato uno qualunque, tanto che lo stesso Totò Riina andò a casa sua a Mazara del Vallo durante la latitanza per presentargli Matteo Messina Denaro. E così Riina si rivolse a Naimo: “Saruzzo voglio che conosci, prima che vai via, a mio figlioccio. Per me è come un figlio e voglio che vi incontrate, non si sa mai nella vita. Voglio che state vicino, che vi conoscete e state in contatto”. E poi, ancora in Aula, Rosario Naimo ha ricordato che Riina avrebbe preteso da lui due omicidi a New York, ma lui rispose di no. E ha raccontato: “Riina mi chiese di ammazzare il boss John Gotti perché aveva ucciso un suo amico, Paul Castellano. Quando ammazzarono Castellano, John Gotti diventò rappresentante della famiglia Gambino. Riina si voleva immischiare anche in queste cose, dalla Sicilia. Diventò un pazzo. Io gli dissi: ‘zio Totuccio, ma se ammazziamo John Gotti a New York succede una guerra’. Mi disse: ‘tu fallo con qualcuno di fidato, fate finta che non sapete niente’. Poi questo attentato a Gotti non fu fatto”. E poi, Rosario Naimo ha raccontato ancora: “Riina mi aveva chiesto pure di ammazzare il procuratore generale di allora, Rudolph Giuliani, poi diventato sindaco di New York. Questa volta mi arrabbiai sul serio. Alle persone che Riina aveva mandato in America con questo mandato di uccidere Giuliani io gli dissi: ‘fatevi i fatti vostri che questo fatto non si fa. Mi dissero: ‘ma il signor Riina?’. Gli risposi: ‘con il signor Riina me la sbrigo io’. Difatti poi sono sceso a Palermo per dire al signor Riina che questo fatto non si faceva. E non si è fatto. E questa è storia, non solo verità. Questa è storia”.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)