Mafia del Belice, 5 arresti

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Operazione antimafia della Squadra Mobile di Agrigento e della Procura di Palermo: cinque arresti nella Valle del Belice, tra Santa Margherita e Montevago.

Pietro Campo

I poliziotti della Squadra Mobile di Agrigento, al timone del vice questore, Vincenzo Perta, hanno imperversato all’alba di oggi nell’entroterra montano agrigentino, tra Santa Margherita Belice e Montevago. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo ha condiviso quanto proposto dalla Procura antimafia del capoluogo siciliano e ha firmato un’ordinanza di custodia cautelare destinata a cinque indagati. Gli arrestati in carcere sono tutti di Santa Margherita: l’anziano boss Pietro Campo, 72 anni, già condannato per mafia e detenuto, poi Giovanni Campo, 34 anni, Pietro Guzzardo, 46 anni, e Pasquale Ciaccio, 59 anni. Il quinto, Domenico Bavetta, 43 anni, di Montevago, è ristretto ai domiciliari. A vario titolo gli si contestano i reati di estorsione e illecita concorrenza con minaccia o violenza, aggravati dal metodo mafioso, e di aver agevolato l’associazione mafiosa “Cosa nostra”. Dalle indagini, a cui ha contribuito anche la Squadra Mobile di Palermo, è emerso un capillare controllo per la gestione illecita delle attività agro-pastorali, con relativo utilizzo dei fondi agricoli, sul territorio agrigentino compreso tra Santa Margherita Belice, Montevago e Sambuca di Sicilia, fino al confine con Contessa Entellina in provincia di Palermo. Per praticare tali condotte, gli indagati si sarebbero avvalsi della indiscussa forza intimidatoria derivante dall’essere riconosciuti quali esponenti di vertice del mandamento mafioso di Santa Margherita Belice. Tra l’altro gli indagati avrebbero costretto i proprietari e i gestori dei terreni agricoli a cedere la disponibilità di ampie aree di terreno da adibire al pascolo abusivo del bestiame, imponendo il pagamento di canoni irrisori che, in taluni casi, non sarebbero stati nemmeno corrisposti. E sarebbe stato vietato anche di esercitare attività agricole collaterali che alterassero il libero pascolo delle greggi, massimizzando quindi i profitti lattiero – caseari, e prevaricando su beni immobili altrui. Sono stati contati numerosi episodi di danneggiamento, tra incendi, taglio delle colture e furti di bestiame, subiti nel corso degli anni dai proprietari che hanno deciso, invece, di adibire i terreni a coltivazioni che avrebbero limitato il pascolo delle greggi. Alcune vittime che si sono opposte al “sistema di controllo” hanno collaborato alle indagini rivelando, inoltre, che, all’esito della trebbiatura del grano, le derrate ricavate sarebbero state indebitamente acquisite e imballate dagli indagati, senza versare alcun corrispettivo.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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