“Mannino in servizio permanente di imputato”

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La presunta trattativa Stato-mafia, le dichiarazioni del neo pentito Bisconti, la pretesa riapertura del dibattimento in appello e la reazione della difesa di Calogero Mannino.

Lo scorso 4 dicembre 2018, il giorno della maxi operazione antimafia ad opera dei Carabinieri del Comando provinciale di Palermo cosiddetta “Nuova Cupola”, tra gli arrestati vi è stato anche Filippo Bisconti, 58 anni, presunto capo mandamento di Misilmeri- Belmonte Mezzagno. Poi Bisconti ha iniziato a collaborare con i magistrati, e, tra l’altro, ha raccontato che Rosario Lo Bue, presunto capo del mandamento di Corleone, gli ha raccontato che Calogero Mannino è stato affiliato alla famiglia mafiosa di Agrigento. Tanto è bastato a che la Procura Generale di Palermo, impegnata nel processo di secondo grado all’ex ministro Dc nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta trattativa Stato-mafia, chiedesse alla Corte d’Assise d’Appello di acquisire i verbali di interrogatorio di Filippo Bisconti e, se acquisiti, la riapertura del dibattimento e l’esame del collaboratore. In primo grado, a conclusione del giudizio abbreviato, Calogero Mannino è stato assolto. In Appello, i procuratori generali, Sergio Barbiera e Giuseppe Fici, hanno chiesto alla Corte, presieduta dalla giudice Adriana Piras, di condannare Mannino a 9 anni di reclusione, tanti quanti ne chiese il procuratore aggiunto, Vittorio Teresi, in primo grado. Il prossimo 22 luglio i giudici d’Assise d’Appello scioglieranno la riserva sulle richieste relative a Bisconti e, nel frattempo, a fronte di ciò, hanno ascoltato le arringhe dei difensori di Calogero Mannino. L’avvocato Grazia Volo ha affermato: “Questa produzione dei verbali del nuovo pentito significa che Mannino, all’età 80 anni, è ancora indagato. La difesa si oppone a qualunque richiesta di apertura dibattimentale non ritenendola attinente al capo di imputazione. Dal 1991, tra processi mediatici e giudiziari, Calogero Mannino è in servizio permanente di imputato, a combattere per dimostrare la propria innocenza. Questo processo comincia nel 2012, ci troviamo impelagati in questa vicenda per molti aspetti incomprensibile: un processo che sta in piedi, dal punto di vista del diritto, in maniera piuttosto incerta, debole e inconsistente. Ci sono state soltanto vagonate di carte, materiale informe, che sono state riversate nel fascicolo in primo grado: un disordine che si è riversato anche in appello. Mi permetto di definire uno scandalo intellettuale, oltre che ovviamente processuale, il fatto che la requisitoria di primo grado sia stata utilizzata dalla Procura generale nell’atto di impugnazione per l’appello”. E l’avvocato Carlo Federico Grosso, da parte sua, ha dichiarato: “Fin da subito voglio affermare la totale estraneità dell’onorevole Calogero Mannino in riferimento a quanto gli viene contestato. I sette personaggi, tra cui Massimo Ciancimino, figlio dell’ex sindaco mafioso Vito, la giornalista Sandra Amurri, l’ex presidente della Camera Luciano Violante, l’ex boss e collaboratore di giustizia Giovanni Brusca, sentiti in seguito alla riapertura del dibattimento in appello, sono stati un flop totale. Si è cercato, da parte della Procura generale, di tirare fuori il sangue dalle rape ma non vi è stato alcun elemento nuovo a supportare la tesi dell’accusa”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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