Antonio Massimino, interrogato in carcere, ammette e replica: “Non sono uno stinco di Santo, ma non ho mai incontrato e violentato alcuna donna. Falsità infamanti contro di me”.
Antonio Massimino, 51 anni, presunto reggente del mandamento di Cosa Nostra di “Agrigento Villaseta”, è detenuto nel carcere “Pasquale Di Lorenzo” ad Agrigento. All’alba di lunedì scorso 4 marzo gli è stata notificata l’ordinanza di custodia cautelare nell’ambito dell’inchiesta cosiddetta “Kerkent”. E tra i capi d’imputazione vi è la violenza sessuale: Massimino, sotto la minaccia delle armi, avrebbe costretto una donna a subire che lui la palpeggiasse nelle parti intime, in presenza del compagno. Antonio Massimino, assistito dal suo difensore, l’avvocato Salvatore Pennica, in occasione dell’interrogatorio di garanzia dopo l’arresto, così si è rivolto al giudice interrogante: “Non sono un francescano, non sono uno stinco di Santo, ma, a prescindere da altre mie responsabilità, io non ho mai sequestrato, minacciato e violentato alcuna donna. E’ una falsità. E il mio avvocato procederà per calunnia contro la persona che mi accusa di ciò”. Della serie: “Toglietemi tutto ma non il mio Breil”. L’accusatore di Antonio Massimino è Antonino Mangione, 38 anni, di Raffadali, assolto lo scorso 28 febbraio al processo cosiddetto “Proelio” dall’imputazione di traffico di droga e abigeato aggravati da mafia, a fronte della richiesta di condanna a 8 anni e 4 mesi di reclusione. Mangione avrebbe truffato il commerciante di automobili di Agrigento, Salvatore Ganci, 45 anni, pagandogli un’automobile con un assegno scoperto. Ebbene, Massimino è indagato di avere ordinato il sequestro di Mangione e di sua moglie, che sarebbero stati condotti in un magazzino in via Bac Bac, nel centro storico di Agrigento, dove Massimino avrebbe raccomandato caldamente a Mangione di restituire subito l’automobile a Ganci, e poi avrebbe palpeggiato nelle parti intime sua moglie insultandola, il tutto incutendo timore con le armi in pugno. Antonio Massimino smentisce con rabbia e indignazione che ciò sia accaduto come descritto nel capo d’imputazione, e ha spiegato al giudice: “Antonino Mangione ha gravi motivi di astio nei miei confronti, perché l’ho rimproverato più volte, perché non volevo che lui trafficasse droga o rubasse capi di bestiame. Lui, per tale ragione, ha anche temuto che io avessi deciso di ucciderlo. Peraltro lui è debitore nei miei confronti di 30mila euro. Poi, per quanto riguarda l’episodio della truffa a Ganci, sì, è vero, l’ho invitato tramite un amico mio ad un appuntamento, da me, per chiarire, e lui ha accettato. Non vi è stato alcun sequestro armato. E, soprattutto, lui è venuto nel magazzino in via Bac Bac da solo. Ripeto: da solo. La donna con lui, che sarebbe o non sarebbe sua moglie o la sua compagna, non esiste. Non è mai venuta nessuna donna. Io non ho violentato nessuno. Mangione risponderà penalmente della sua calunnia, perché ha accusato una persona sapendola innocente”.
Angelo Ruoppolo (teleacras)