Al Tg2 Rai in onda ieri sera immagini risalenti al 2009: Matteo Messina Denaro è passeggero a bordo di un fuoristrada, nelle campagne agrigentine.
Al Tg2 Rai sono state in onda delle immagini inedite ed esclusive. Più esattamente si tratta di fotogrammi, di due o tre secondi, tanto quanto basta per registrare il transito di un fuoristrada guidato da un uomo stempiato e con gli occhiali, ignoto. E al fianco, sul sedile passeggero, è stato riconosciuto il volto, sconosciuto dal 1993, di Matteo Messina Denaro, latitante dalla stagione delle stragi di mafia fuori Sicilia di 28 anni addietro. Le bombe di Roma, Firenze e Milano. Il fotogramma risale al dicembre del 2009, ed è l’unica prova vivente del boss latitante, ultimo erede a piede libero dei corleonesi Riina e Provenzano. Il fuoristrada – come ha rivelato testualmente il Tg2 – è nella campagna di Agrigento. Forse, forse, e ancora forse, Matteo Messina Denaro sarebbe stato non nella campagna di Agrigento ma nelle campagne agrigentine, molto probabilmente nella zona a nord ovest della provincia, tra i paesi della Valle del Belice che confinano con la provincia di Trapani, la terra natia di Messina Denaro, partorito a Castelvetrano. Infatti – ancora come ha rivelato il Tg2 – il fuoristrada con a bordo il boss sarebbe stato in viaggio a poca distanza da un luogo dove si sarebbe trovato Pietro Campo.
Ebbene, Pietro Campo non sarebbe il boss della Valle dei Templi – come testualmente affermato dal Tg2. Lui, Campo, 68 anni, già condannato per mafia, è il capo famiglia della Cosa Nostra di Santa Margherita Belice. E ancora lui, Pietro Campo, sarebbe stato “compare di merenda” di un altro capomafia, Leo Sutera, 70 anni, di Sambuca di Sicilia, altro paese della Valle del Belice.
E Sutera, anche lui già condannato per mafia, sarebbe il capo provincia di Cosa Nostra agrigentina, erede di Giuseppe Falsone, 51 anni, di Campobello di Licata, detenuto dal 25 giugno del 2010, quando è stato arrestato da latitante a Marsiglia in Francia.
Ecco perché Matteo Messina Denaro sarebbe stato sul fuoristrada nelle campagne agrigentine, e non nella campagna di Agrigento, esattamente nella Valle del Belice, protetto – come affermato dal Tg2 – da Pietro Campo. Messina Denaro avrebbe sempre privilegiato rapportarsi con la Cosa Nostra dei paesi agrigentini della Valle del Belice. La sua Castelvetrano dista pochi chilometri da Sambuca di Sicilia, e ancora meno da Santa Margherita Belice. E le campagne attraversate dal fuoristrada sarebbero le campagne tra Sambuca e Santa Margherita, il territorio di Pietro Campo e di Leo Sutera. E a testimonianza di tali rapporti privilegiati vi è una fotografia che ritrae Leo Sutera seduto in campagna, intento a leggere un foglietto di carta, che sarebbe stato un “pizzino” di Matteo Messina Denaro. E poi, il boss trapanese avrebbe da tempo esercitato il suo potere anche nella provincia agrigentina.
Ad esempio, Giuseppe Grigoli, imprenditore ritenuto il prestanome di Messina Denaro, è stato definito a suo tempo il “re siciliano dei supermercati”, perché titolare della fiorente catena dei supermercati Despar. Ebbene, Grigoli, intenzionato a seminare supermercati Despar anche nella provincia agrigentina, incontrò sul suo cammino il capo provincia di Cosa Nostra agrigentina, Giuseppe Falsone, il quale, forse perchè Grigoli salì sull’autobus senza pagare il biglietto, avrebbe – in termini mafiosi – “voluto insegnargli l’educazione”. E quando Grigoli si accorse o comprese che Falsone, prima di entrare in provincia di Agrigento con i suoi supermercati Despar, avrebbe voluto “insegnargli l’educazione”, lui, Grigoli, si rivolse al suo padrino, Matteo Messina Denaro. E lui, Messina Denaro, scrisse un pizzino a Bernardo Provenzano, ancora latitante, si firmò “Alessio”, e pregò Provenzano di risolvere lui la controversia. Il pizzino è stato uno dei tanti trovati nel casolare di Montagna dei Cavalli, dove è stato arrestato Provenzano.
E poi, anche secondo quanto emerge dall’ultima relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia, Matteo Messina Denaro ha nelle mani la provincia agrigentina. E più di recente, il 2 febbraio scorso, il giorno dell’operazione antimafia “Xydi” nell’Agrigentino, una delle misure cautelari in carcere è stata destinata a lui. E martedì scorso, 28 settembre, l’avviso di conclusione delle indagini “Xydi”, tra i trenta indagati quasi tutti agrigentini, è stato notificato anche a lui, la primula rossa, Matteo Messina Denaro, “u siccu”.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)