L’ex questore Rino Germanà ricorda l’agguato mafioso subito: “Alla guida dell’auto dei killer Messina Denaro, a lato Bagarella, e seduto dietro Giuseppe Graviano”.
Calogero “Rino” Germanà, ex questore in pensione, a cavallo tra gli anni ’80 e ‘90 è stato il capo della Squadra Mobile di Trapani e del Commissariato di Mazara del Vallo. E il 14 settembre del 1992 è stato vittima di un agguato mafioso. I killer giunsero con un’automobile: alla guida Matteo Messina Denaro, sul sedile passeggero Leoluca Bagarella, e seduto dietro Giuseppe Graviano. Oggi, morto Messina Denaro, Rino Germanà ricorda: “Matteo Messina Denaro lo chiamavo spesso nel mio ufficio e lo obbligavo a rispondere alle mie domande. E lui non gradiva. Lo convocai anche per un omicidio che secondo la nostra ipotesi investigativa era stato commesso dal gruppo di Campobello di Mazara. Ne parlai anche con il procuratore Borsellino. Noi facemmo a Matteo Messina Denaro l’esame dello ‘stub’ per vedere se aveva sparato lui. Fu negativo ma la pista investigativa non era sbagliata perché il gruppo di fuoco poi si è verificato fosse di Campobello di Mazara. Matteo Messina Denaro era sicuro del fatto suo, era uno fermo, sapeva il fatto suo. Io però ho chiamato più volte non solo lui ma pure il padre Francesco, che allora era il capo mandamento. Tutti parlano di Matteo ma prima c’era Francesco, un personaggio di peso all’antica.
L’ordine di uccidermi fu dato da Riina, non da Messina Denaro. Mi hanno sparato sul lungomare, io sono fuggito sulla spiaggia dopo aver reagito sparando. Non ho riconosciuto Messina Denaro alla guida della Fiat Tipo. Non è come un film che azioni la telecamera e l’occhio registra tutti i particolari. Io so che mi ha sparato per primo quello che stava seduto accanto al guidatore, e dicono fosse Bagarella. Ricordo solo le fattezze di quello che mi ha sparato ma Messina Denaro era alla guida… e non ho visto lui e neanche quello che stava seduto dietro. Di sicuro due spararono, uno teneva il kalashnikov e l’altro aveva un fucile caricato a pallettoni. Io ho reagito, sono andati via, poi sono tornati e hanno sparato ancora, e io sono fuggito sulla spiaggia. Matteo Messina Denaro non ha sparato. E lui dice che, se avesse sparato lui, non avrebbe sbagliato, e io non sarei vivo. Lui dice che era bravo a sparare.
Ma io mi chiedo: che bravura ci vuole a sparare a uno che non sa di essere nel mirino? Vogliamo dire che è bravo chi spara per uccidere un uomo che sta camminando? Per me sono capaci tutti. Sì, adesso è morto. Una volta il procuratore Borrelli di Milano, dopo la morte di un uomo coinvolto nelle indagini che si era ucciso, disse che di fronte a un morto bisogna avere sempre pietà. Io condivido ma aggiungo che Matteo Messina Denaro ha certamente seminato morte e distruzione, e quindi dovrà risponderne davanti a Dio, per chi crede”.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)