Matteo Messina Denaro, Giuseppe Grigoli, Giuseppe Falsone, Giuseppe Capizzi e Bernardo Provenzano: quando e perchè nell’Agrigentino si rischiò una guerra di mafia.
L’imprenditore Giuseppe Grigoli, di Castelvetrano, è stato il Re Mida dei supermercati. Ex capo dei Despar, tra le province di Trapani, Palermo ed Agrigento. E nell’Agrigentino sarebbe stato lui tra le cause del rischio di una guerra di mafia. Sì perchè Giuseppe Capizzi di Ribera, titolare di un Despar nel suo paese, lo avrebbe truffato, e lui, Giuseppe Grigoli, avrebbe chiesto aiuto al suo padrino, Matteo Messina Denaro. Maurizio Di Gati ha dichiarato: “Messina Denaro e Grigoli sono la stessa cosa”. Messina Denaro ha cercato Giuseppe Falsone, capo provincia di Cosa Nostra agrigentina e padrino di Peppe Capizzi. Poi ha scritto un pizzino a Bernardo Provenzano: “Intervenga vossia, altrimenti sarò costretto a risolvere io con le armi”. Ed alcuni ipotizzano che Giuseppe Falsone sia scappato in Francia, dove poi è stato arrestato, per sfuggire alla vendetta di Matteo Messina Denaro.
Nel dettaglio la faida ha rischiato di scatenarsi per colpa di una fattura: 297 mila euro, merce che Giuseppe Grigoli ha venduto a Giuseppe Capizzi, imprenditore di Ribera e presunto mafioso. Capizzi non paga. Grigoli informa Matteo Messina Denaro. Nonostante ciò Capizzi non paga. Anzi pretende il pagamento del pizzo per i 7 Supermercati Despar di Grigoli in provincia di Agrigento. Matteo Messina Denaro scrive a Bernardo Provenzano e indica Capizzi con il nome in codice CPZ. Il pizzino sequestrato nel covo di contrada Montagna dei cavalli è datato primo ottobre 2003.
Ecco le parole di Matteo Messina Denaro: “Io da parte mia non accetto alcuna richiesta da subalterni presunti tali come il signor Capizzi”. Poi Messina Denaro si rivolge direttamente a Provenzano: “La prego di fare sapere agli amici di Agrigento che se questo discorso del pizzo è vero lo voglio detto, tramite lei, dal mio pari di Agrigento. Solo con il mio pari possiamo aprire un dialogo”. Traducendo il pizzino: a Matteo Messina Denaro Giuseppe Capizzi non rappresenta nulla, e lui vuole parlare sono con il suo pari grado, quindi il capo provincia di Agrigento, quindi Giuseppe Falsone, di Campobello di Licata. Falsone risponde picche, sminuisce, smentisce Messina Denaro, difende Capizzi.
Messina Denaro rilancia: “Io parlo con la verità, ci sono le fatture, Capizzi non ha pagato il mio paesano che, anzi, ha pagato 75mila euro a Capizzi per la messa a posto dei supermercati nella provincia di Agrigento”. Successivamente la Direzione investigativa antimafia di Palermo, tra i libri contabili della società di Capizzi che ha gestito il supermercato di Ribera, ha scoperto due fatture emesse dalla “Gruppo 6 G D O srl” di Grigoli, la prima per 13 mila euro e la seconda per 284 mila euro. Il totale è 297 mila euro. Le indagini dunque hanno confermato: “Matteo Messina Denaro ha parlato con la verità”.
Amgelo Ruoppolo (Teleacras)