Il Tribunale del Riesame ha depositato le motivazioni per le quali ha confermato l’arresto in carcere a carico del medico Alfonso Tumbarello, presunto braccio sanitario di Matteo Messina Denaro.
Lo scorso 7 febbraio i Carabinieri del Ros hanno arrestato Alfonso Tumbarello, 70 anni, il medico di Campobello di Mazara che si sarebbe occupato delle condizioni di salute di Matteo Messina Denaro durante la latitanza consentendogli di accedere alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale. La Procura di Palermo gli contesta i reati di concorso esterno in associazione mafiosa e falso ideologico. In manette anche Andrea Bonafede, 53 anni, impiegato comunale, cugino e omonimo del geometra di 59 anni che ha prestato la propria identità a Messina Denaro acquistando a nome suo anche la casa in vicolo San Vito 4 a Campobello di Mazara, ultimo covo del boss prima dell’arresto. A Bonafede sono contestati i reati di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dall’avere favorito Cosa Nostra. Sarebbe stato lui, il Bonafede di 53 anni cugino del geometra di 59 anni, a ritirare le prescrizioni mediche di Tumbarello per farmaci, esami clinici e ricoveri destinati a Messina Denaro. E lui avrebbe consegnato al medico i documenti sanitari ricevuti dal boss nel corso delle cure. Secondo la Procura di Palermo, Tumbarello, al contrario di quanto da lui sostenuto, sarebbe stato del tutto consapevole di lavorare per Matteo Messina Denaro. Lui, Tumbarello, ha prescritto a nome di Andrea Bonafede almeno 95 farmaci per gravi patologie tumorali, più altre 42 prescrizioni per esami e analisi. Grazie a tali prescrizioni Messina Denaro si è sottoposto a due interventi: il primo per un tumore al colon all’ospedale “Abele Ajello” di Mazara del Vallo il 13 novembre del 2020. E il secondo, il 4 maggio del 2021, per rimuovere delle metastasi al fegato, alla clinica “La Maddalena” a Palermo. Ebbene il 28 febbraio scorso il Tribunale del Riesame ha respinto le istanze di scarcerazione firmate dagli avvocati difensori di Tumbarello e di Bonafede. E adesso lo stesso Tribunale del Riesame ha depositato le motivazioni, ovvero il perchè è stato risposto no a Tumbarello fuori dal carcere. E i giudici tra l’altro hanno scritto: “La messa a servizio dell’esercizio della professione sanitaria agli interessi del più ricercato latitante dell’associazione mafiosa manifesta, anche per ciò solo, la permeabilità del sanitario all’agevolazione degli interessi dell’intera organizzazione e dei suoi più rappresentativi esponenti, così da perpetuarne l’operatività. In definitiva l’indagato si trova ancora al centro di quel crogiuolo di relazioni territoriali e sanitarie, tutte da accertare, che hanno condotto e concorso alle mistificazioni necessarie a garantire nel tempo la latitanza del boss e che, al contempo, valgono a radicare il pericolo della ripetibilità di analoghe condotte in favore dell’associazione mafiosa, con la messa a disposizione delle personali competenze e conoscenze nello specifico ambito sanitario”. Inoltre dalle motivazioni emerge che la scheda sanitaria digitale intestata al paziente Andrea Bonafede non sarebbe stata accessibile a tutti gli operatori sanitari perchè secretata su volontà del paziente. Ed è una facoltà di cui, secondo statistica, ci si avvale molto raramente. Ecco perchè la Procura di Palermo ritiene che la secretazione della scheda non sia stata affatto casuale, e che sarebbe stata un ulteriore sistema, probabilmente consigliato da un esperto nel settore, per proteggere la latitanza di Messina Denaro consentendogli tuttavia di accedere alle cure del Sistema sanitario nazionale.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)