Il Tar del Lazio ha confermato lo scioglimento del Comune di Mezzojuso per infiltrazioni mafiose e respinto l ricorso presentato dall’ex sindaco Salvatore Giardina per annullare il decreto del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del 16 dicembre 2019.
Era stato l’allora prefetto Antonella De Miro ad inviare al Viminale una relazione su «accertati condizionamenti da parte delle locali organizzazioni criminali». Il collegio della prima sezione è composto dal presidente Antonino Savo Amodio, estensore Roberta Ravasio.
La decisione era giunta a seguito della relazione inviata dalla commissione ispettiva che si era insediata il 5 giugno del 2019. L’ispezione era stata disposta dopo che durante la puntata di «Non è l’Arena» di La7 andata in onda il 12 maggio precedente dalla piazza della cittadina per discutere il caso delle sorelle Anna, Ina e Irene Napoli, le tre imprenditrici agricole che hanno denunciato tentativi di estorsione ai danni della loro azienda di 90 ettari, l’ex sindaco Giardina, rispondendo a una precisa domanda del conduttore Massimo Giletti, aveva confermato di aver partecipato nel 2006, quando era assessore, alla tumulazione del capomafia Nicola La Barbera conosciuto come «don Cola».
Per il giudice del Tar, evidenziano che per lo scioglimento è sufficiente «l’ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (tra cui, in misura non esaustiva: vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni)».
«Particolarmente anomala – per i giudici– risulta la vicenda edilizia relativa ad un impianto per la produzione di conglomerati cementizi, caratterizzata dalla costruzione di svariati fabbricati abusivi». Anzi «nel 2016 il Comune ha addirittura rilasciato una sanatoria relativa all’intero complesso immobiliare», nonostante «era emerso che alcune famiglie mafiose obbligavano imprese di costruzione ad acquistare il calcestruzzo dall’impianto in questione, impedendo loro di rivolgersi alla concorrenza» .
Non solo, «a seguito dell’emergenza idrogeologica del novembre 2018, il Comune ha fatto ricorso a svariati affidamenti diretti per somma urgenza in favore di imprese i cui titolari hanno frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata».
Parentele con boss di Cosa nostra e affidamenti a imprese opinabili durante l’emergenza idrogeologica sono al centro del processo che vede imputato Massimo Giletti a seguito di una denuncia dell’ex sindaco di Mezzojuso. Il dibattimento entrerà nel vivo il 16 dicembre davanti al giudice monocratico di Termini Imerese, Giuseppina Turrisi. La difesa, rappresentata dagli avvocati Gioacchino Genchi e Paolo Siniscalchi, è passata al contrattacco, chiedendo la nullità del decreto di citazione a giudizio per un errore giuridico commesso dal procuratore in persona Ambrogio Cartosio: la querela non era stata presentata da Salvatore Giardina bensì da un soggetto che «non risulta essere persona offesa del reato denunciato».