La tortura, sistematica, dei migranti detenuti a Zawya. Botte e percosse con bastoni, tubi di gomma, cavi elettrici. Ma anche privazione di cibo e acqua e esseri umani schiavizzati e costretti a dissetarsi con acqua salmastra.
Con l’accusa di tortura – è la prima volta che questo reato viene applicato in Italia – la Dda di Palermo e la Procura di Agrigento hanno disposto il fermo di tre migranti ospiti dell’hotspot di Messina. In carcere sono finiti Mohamed Condè, detto Suarez, originario della Guinea, 27 anni, Hameda Ahmed, egiziano, 26 anni e Mahmoud Ashuia, egiziano, 24 anni.I fermi sono stati eseguiti dalla Squadra mobile di Agrigento, guidata dal vicequestore aggiunto Giovanni Minardi.
Carcerieri e picchiatori. I 3 fermati sono stati riconosciuti da alcuni dei migranti salvati dalla nave “Alex & Co” – della Ong Mediterranea Saving Humans, e sbarcati a Lampedusa tra il 5 e il 7 luglio scorsi. In cinque hanno riconosciuto Conde’ – detto Suarez, 3 hanno riconosciuto Ahmed e altrettanti Ashuia. Mohamed Conde’ si occupava di imprigionare i migranti, di torturarli e di occuparsi dei riscatti che venivano richiesti ai familiari dei detenuti ai fini della loro liberazione, fornendo agli stessi il cellulare con cui potevano contattare i propri familiari; Hameda svolgeva il ruolo di carceriere, torturatore e di colui che si occupava di cucinare i pasti per i migranti detenuti; Ashuia era il carceriere e guardiano della prigione di Zawyia, nonche’ nelle vesti di torturatore con cui picchiava brutalmente i migranti anche servendosi di un fucile e nell’ulteriore veste di colui che distribuiva i pasti ai migranti detenuti.
Erano centinaia i migranti che, “nel tentativo di imbarcarsi per raggiungere le coste italiane, venivano privati della libertà personale e sottoposti a sistematiche vessazioni e atrocità al fine di ottenere dai loro congiunti il versamento, in favore degli stessi associati, di somme denaro quale prezzo della liberazione e/o della loro partenza verso lo Stato italiano”. E’ quanto scrivono i magistrati nel provvedimento di fermo emesso dal Procuratore aggiunto della Dda di Palermo Marzia Sabella, dai sostituti Geri Ferrara (Dda Palermo) e Gianluca Caputo (Procura di Agrigento), ed eseguito dalla Squadra mobile di Agrigento, guidata dal vicequestore aggiunto Giovanni Minardi, che ha portato in carcere tre migranti accusati di torture e sequestro di persona. “In assenza del pagamento, venivano alienati ad altri trafficanti di uomini per il loro sfruttamento sessuale e/o lavorativo o talora uccisi”, dicono i pm.
“In relazione al fermo di tre cittadini extracomunitari indiziati di avere preso parte ad atti di tortura all’interno di un illegale centro di detenzione libico in danno di migranti, esprimo soddisfazione per il lavoro investigativo svolto dalla Squadra mobile di Agrigentosotto il coordinamento dell Procure di Agrigento e Palermo”. Lo ha detto all’Adnkronos il Procuratore capo di Agrigento Luigi Patronaggio parlando dei tre fermi emessi a carico di tre migranti ospiti dell’hotspot di Messina, accusati di avere torturato e violentato decine di profughi in Libia. “Questo lavoro investigativo – prosegue Patronaggio – suscettibile di ulteriori importanti sviluppi, ha dato conferma delle inumani condizioni di vita all’interno dei cosiddetti capannoni di detenzione libici e la necessità di agire, anche a livello internazionale, per la tutela dei più elementari diritti umani e per la repressione di quei reati che, ogni giorno di più, si configurano come crimini contro l’umanità”.