Montante e il caso Di Vincenzo

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Al processo ordinario sul “Sistema Montante” ha deposto l’avvocato Genchi. Le dichiarazioni sull’imprenditore Di Vincenzo, e l’intervento del suo difensore, Mirko La Mattina.

Innanzi al Tribunale di Caltanissetta si è svolta un’altra udienza del processo ordinario, tecnicamente il “Cuva più 16”, a carico di 17 imputati nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto “Sistema Montante”. Ha deposto come testimone l’avvocato Gioacchino Genchi, che, tra l’altro, ha raccontato: “L’imprenditore edile Davide Tedesco, mio amico, mi disse che, trovandosi in un ristorante, sentì parlare Antonello Montante e un’altra persona di una misura in corso su un soggetto che poi effettivamente fu oggetto di misura di prevenzione patrimoniale. Ricevo questi messaggi in tempo reale da Davide Tedesco che mi racconta cosa stava accadendo mentre si trovava al ristorante. Poi, quando venne in studio da me, cercammo di capire sia chi fosse la persona di cui parlavano, sia chi fosse la persona al tavolo con Montante. Dopo la descrizione che mi fu fatta mi collegai su internet e gli feci vedere la foto del questore Carmine Esposito, e collegammo che la persona con cui Montante era al ristorante era lui”. E poi Genchi ha aggiunto: “Fu sempre Tedesco a parlarmi dell’ingegnere Pietro Di Vincenzo che era in carcere, con il quale si sentiva, erano molto amici, e c’erano anche delle lettere che mi fece leggere. Tedesco parlò di me a Di Vincenzo, e Di Vincenzo gli chiese di coinvolgermi nella sua difesa. Nell’inquadrare la situazione giudiziaria di Di Vincenzo ebbi subito la percezione che l’origine delle sue problematiche nascesse dall’essere tornato a Caltanissetta dopo la misura cautelare, e avere accettato un ruolo nell’Associazione degli industriali quando erano già cambiati gli equilibri. Di Vincenzo non si era reso conto che andava incontro a una realtà mutata: un contesto imprenditoriale, che fino a poco tempo prima aveva il riferimento in lui, poi aveva individuato un nuovo punto di riferimento che era Montante. Diedi un mio computer Mac in disuso a Di Vincenzo e lavoravamo a distanza su documenti condivisi, e mi arrivavano diversi allarmi su tentativi di accesso a questa mail” – ha concluso Genchi. L’imprenditore nisseno Pietro Di Vincenzo, al quale è stato confiscato un patrimonio di 264 milioni e 565 mila euro per sospetti di contiguità con soggetti mafiosi, è stato presidente degli industriali di Caltanissetta e della Sicilia, è stato indagato per concorso in associazione mafiosa nel 1992 nell’ambito dell’inchiesta “Leopardo”, ed è stato prosciolto. E poi è stato assolto nel 2009 dalla Corte d’Appello di Roma dopo la condanna a 1 anno e 4 mesi in un’inchiesta che coinvolse la cosca Rinzivillo di Gela. Adesso Pietro Di Vincenzo è parte civile al processo “Montante”. E uno dei suoi difensori, l’avvocato Mirko La Mattina, ha già affermato: “Ci sono dei collegamenti con le vicissitudini giudiziarie dell’ingegnere Di Vincenzo. Intendo dire che, da operatore del diritto e da difensore di Di Vincenzo, mi lascia alquanto perplesso l’arresto del finanziere Ettore Orfanello, indicato come uno dei soggetti più legati a Montante, sommato al fatto che Montante considerava l’ingegnere Di Vincenzo un nemico, e sulle cui ceneri il Montante ha, peraltro, iniziato la propria carriera. Montante è accusato di avere orientato delle indagini della Guardia di Finanza a favore dei suoi amici e contro i suoi nemici. Se si considera che il maggiore Orfanello è stato uno dei militari che ha condotto le indagini patrimoniali nei confronti dell’ingegnere Di Vincenzo, all’esito delle quali fu chiesta, e poi applicata, la misura di prevenzione che ha portato alla confisca di tutto il suo patrimonio, si possono comprendere le mie perplessità. Aggiungo: noi difensori abbiamo saputo della sentenza della Corte d’Appello di Caltanissetta, con la quale era stata confermata la confisca a carico dell’ingegnere Di Vincenzo, attraverso un’intervista rilasciata da un altro soggetto coinvolto nell’indagine Montante, l’ex presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta, il quale era a conoscenza della decisione credo lo stesso giorno che fu depositata, e comunque ancora prima di noi diretti interessati. Sarei curioso di sapere come Crocetta lo abbia saputo”.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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