E’ una intenzione riuscita.
E’ come una scatola che quando la apri, ti investe il suo contenuto, un contenuto fatto di musica e parole, di suggestioni, di contaminazioni, di storia della musica e di talento. Sì perché la prima cosa che va detta è che Tosca, al secolo Tiziana Donati, è una delle voci più belle del panorama italiano ed internazionale. Ma la sua bravura non risiede solo nell’utilizzo impeccabile del mezzo vocale, ma anche nella sua straordinaria capacità di interpretare attraverso la musica le emozioni, scoperte e vissute in tutto il mondo, per poi restituirle all’ascoltatore vestite di colori nuovi, di sensazioni appaganti e di magia.
Tutto questo e molto altro è Morabeza, l’ultimo lavoro discografico di Tosca, uscito lo scorso 25 ottobre, prodotto da un altro grande artista della musica italiana, cautautore, autore e produttore discografico, Joe Barbieri, che del disco ha curato gli arrangiamenti, l’adattamento dei testi e alcune musiche. I due artisti senza dubbio condividono l’arte del cantare piano, della raffinatezza e della ricercatezza del suono.
Ascoltarlo è come fare un viaggio, rimanendo imprigionati nella voglia di restare ancora un po’ nei luoghi, nelle delicatezza sonora e in tutte le sfumature che la cantante romana è riuscita a mettere insieme.
La voce dunque, come mezzo comunicativo per eccellenza che Tosca in questo disco utilizza con tecnica e trasbordante passione; la stessa che l’ha mossa durante quel viaggio che l’ha portata in giro per il mondo tre 3 lunghi anni, e dal quale è nato un documentario “Il suono della voce” prodotto da Rai Cinema e presentato in anteprima assoluta alla Festa del Cinema di Roma 2019.
Un album dall’audio impeccabile, nel quale tutte le evoluzioni vocali sono pennellate di straordinaria bellezza musicale. Gioca con la versatilità della sua voce, Tosca, con la sua capacità di raggiungere con perfezione note gravi quanto le acute; gioca con altre lingue del mondo, prendendo in prestito i sentimenti di terre lontane, la saudade e l’alegria, la speranza nella propria terra, l’integrazione, e da tutto questo si è fatta contaminare, mettendo al mondo un disco capace in maniera straordinaria di raccontare l’amore, la gioia e la malinconia, in tempi musicali differenti, in stili musicali che sono segno distintivo di una ricerca di sonorità spesso accattivanti, altre volte vestite di disarmante delicatezza.
La lingua italiana contaminata da altre lingue, il portoghese, il francese, e quel connubio così avvolgente con altre voci, ospiti di Morabeza, che creano un nuovo posto nel mondo, che tiene insieme, che esplode di affinità musicali e sensoriali. I duetti presenti nel disco, sono scambio, accoglienza, sono perfetti nella tecnica del cantato e avvolgenti nell’intenzione del “rendere possibile”, come se fosse tutto facile. Questa è una caratteristica di Tosca, questa leggerezza nel cantare, come se le basti aprire bocca, per coinvolgere, come se la sua volontà espressiva si serva del cuore, non solo di musica e parole. Ivan Lins, Arnaldo Antunes, Cyrille Aimée, Luisa Sobral, Lenine, Awa Ly, Vincent Ségal, Lofti Bouchnak, Cèzar Mendes, i suoi compagni di viaggio, e e gli italiani Nicola Stilo al flauto in “Mio canarino“, il violoncello della strepitosa Giovanna Famulari e di Vincent Ségal, in “Serenade de Paradise“, pezzo cantato da Tosca in francese. La Francia anche in “Le troisieme Artificier” eseguita con Cyrille Aimée in un valzer musette, con atmosfere del primo ‘900, il valzer appassionato per le classi più umili. Molto ben calibrate le due voce, in italiano e francese, diverse in timbrica per le due cantanti. Ed ancora il bravissimo Gabriele Mirabassi nel pezzo “Giuramento”, che apre il disco, in cui il suo clarinetto dialoga in maniera sublime con la voce di Tosca, con il senso delle parole cantate e crea un vero e proprio ricamo al brano di Pixinguinha.
Nell’album c’è anche un pezzo di Joe Barbieri, uno dei più emozionanti, “Normalmente“ che Tosca cantava già nei suoi concerti, e che accompagnata da un intro di chitarra, in questo lavoro discografico condivide con Ivan Lins e diventa un’armonia a due voci, italiano e portoghese che lascia incantati e emozionati, mentre ci si lascia avvolgere da voci e archi.
C’è la bossa nova, c’è la cultura di Tunisi, c’è il valzer, c’è il suono del mondo che pulsa nella voce di Tosca, nel suo fischiettare, e nello swing leggero degli anni ’50 che aleggia in “Simpatica”, pezzo dal profumo vintage, permeata di mood “easy listening”.
Questo disco ha un titolo perfetto. Morabeza non ha un concetto scolastico, è uno stato d’animo. E’ passione, nostalgia, è gioia dell’appartenenza, è la paura di qualcosa che non tornerà. Questo è un disco colorato, come la copertina che ritrae tosca sdraiata e sognante, mentre poggia i piedi su un mappamondo che mostra l’emisfero boreale. Questo disco assomiglia alle nubi di bianca bambagia che corrono sopra l’Atlantico, come i coriandoli di terra che Tosca ha visitato, vissuto, fatto sua, per poi confezionarla con la sua voce, a volte raso a volte seta.
E’ un disco di cui ci si innamora, così come ci si innamora delle cose lontane che si vorrebbero conoscere, toccare, ma poi chiudi gli occhi e sogni. Con questo disco si può sognare, mentre ci si emoziona per un controcanto, che finisce in minore e che ti fa venire voglia di riascoltarlo, tutto daccapo.
Simona Stammelluti