Una grande sottovalutazione del rischio?
A poche ora dall\’ennesima sciagura nelle nostre acque territoriali incominciano ad emergere le problematiche, oggettive, che riguardano il salvataggio. Perché o si è sottovalutato il rischio, o non si sono volute impiegare risorse o non si sono voluti inviare i soccorsi.
Ma andiamo per ordine.
La sottovalutazione del rischio è molto probabile, considerato che l\’avvistamento da parte di Frontex, è avvenuto quando l\’imbarcazione era già discretamente vicina alla costa, pertanto si sarà pensato che ce l\’avrebbero comunque potuta fare (da soli) e che, al massimo, si sarebbero \”bagnati un po\’\”. Perché comunque la vita degli altri, chissà perché, vale sempre meno della propria o dei propri cari.
Ma la verità è che non solo i soccorsi in mare anche con quelle condizioni sono previste dal SAR (guardia costiera e vigili del fuoco) e basta farsi un giro in rete per scoprire quanti e quali siano stati i recuperi in mare, ma che l\’addestramento degli uomini che fanno parte di questa categoria di soccorsi è mirato proprio al salvataggio estremo. È vero che le condizione del mare non prevedevano un avvicinamento con altra imbarcazione ma esistono, ad esempio, elicotteri adatti allo scopo e soccorritori capaci di calarsi tra le onde alte anche svariati metri e di recuperare i dispersi in mare, persino con \”raffiche di vento oltre i 100 km/h\”. Difficile quindi ma non impossibile e dunque, anche se si sarebbero dovuti tirare su uno alla volta, sarebbe stato comunque un tentativo che andava fatto; anche se fosse stato possibile salvarne uno solo, sarebbe stata cosa buona e giusta. Perché la vita è sacra, sempre. La vita di tutti, è sacra, sempre.
E allora sorge un altro dubbio, quello che si insinua non appena si allenta la molla del dispiacere per quelle vite disperse che presto saranno dimenticate, come tutte le altre che si sono susseguite nel corso degli anni.
Che forse non si siano volute impiegare risorse (leggasi soldi) per salvare migranti che vengono qui a \”rubarci sempre qualcosa\”?
Il dubbio mi sembra sacrosanto e a quanto pare non sono la sola alla quale è sorto.
Anzi, c\’è chi – specializzato nel settore – giura che quel soccorso si sarebbe potuto fare.
E la cosa che più sconvolge è la risposta di Piantedosi, la risposta di questo governo che come sempre minaccia provvedimenti, perché \”mettere a tacere\”, togliere la parola, zittire, è ciò che riesce loro meglio.
Ieri a La 7 il medico ed ex dirigente della Polizia di Stato Orlando Amodeo, ha dichiarato che ci sono imbarcazioni capaci di affrontare il mare anche in condizioni estreme e che lui stesso vi è salito di sopra per fare dei salvataggi.
E di tutta risposta il Viminale ha minacciato querela per difendere \”l\’onorabilità del Governo\”.
Perché minacciare sempre, signor ministro? Non fate altro da giorni a questa parte.
Perché signor ministro Piantedosi non smentisce quelle parole anziché minacciare sempre?
Forse perché smentire sarebbe pressoché impossibile?
Forse perché bisognerebbe ammettere una superficialità o peggio ancora un dolo?
I soccorritori sono formati per questo genere di operazioni che se non via mare, possono farlo via aria.
E questo non lo dico io, ma le immagini facilmente reperibile dove si vedono quegli uomini di cui lei parla, sfidare con competenza e lucidità le avversità del mare, traendo in salvo i pericolanti.
Però bisogna prima di tutto volerlo.
Voi, lo volete, signor ministro?
O forse pensate solo che il problema si risolve non facendoli partire?
Ma lei sa, si è mai soffermato a pensare da cosa scappa chi sapendo di poter morire mette su una barca un neonato, perché non ha davvero più nulla da perdere? C\’è tanto, troppo, dietro queste morti.
Esiste un problema più grande, ma il nostro è quello impedire che corpi senza vita, si arenino sulle nostre spiagge che si colorano di morte.
Attendo di vedere le immagini che saranno rese pubbliche questa sera durante la trasmissione di Rai 3 \”Il Cavallo e La torre,\” quando il collega Marco Da Milano mostrerà un loro reportage realizzato davanti alle coste libiche, proprio per riprendere le parole di Piantedosi: \”non devono partire\”.
Per inciso non è che se muoiono davanti alle coste di altri stati e non davanti alle nostre, noi siamo meno responsabili.