“Un tuffo nello stomaco” e nel passato, per i nostalgici.
Canzoni che inevitabilmente ci ricordano che non siamo più giovanissimi e poi l’opportunità di scoprire che durante una intera carriera un artista scrive delle canzoni significative, anche se restano un po’ indietro nelle classifiche.
Il concerto di Nino Buonocore che si è tenuto lo scorso 27 settembre al Palacultura di Rende per la rassegna “Settembre Rendese” è stato anche una occasione per gli appassionati di jazz di ascoltare musicisti che sono davvero dei fuoriclasse nell’ambiente jazzistico, e che vantano innumerevoli collaborazioni con grandi artisti e carriere incredibili.
Canzoni, quelle del cantautore partenopeo rimesse a nuovo, senza mai essere snaturalizzate.
Buonocore regge bene il passare degli anni, e sul palco seduto su uno sgabello, imbracciando la chitarra, ha cantato le sue canzoni, raccontandole e cantandole potendo contare sulla straordinaria capacità musicale di Antonio Fresa al pianoforte, Amedeo Ariano alla batteria e Antonio De Luise al contrabbasso. E con musicisti così è davvero tutto possibile, anche raccontare pezzi di vita … la vita di un artista che deve per forza avere il giusto compagno di viaggio perché la musica è fatta di tanta strada da percorrere, di notti fonde, di attese e di promesse da mantenere. E poi in musica, “L’amore che non vedi” – perché l’amore, dice Buonocore, non è solo fisicità ma amore per le passioni, per i ricordi, ossia quell’amore che sa essere eterno.
Nino Buonocore canta, si ferma e poi parla con il suo pubblico. Parla di come le canzoni abbiano avuto spesso nel corso del tempo la capacità di cambiare le mode, i modi di pensare e di come siano state capaci anche di veicolare messaggi molto forti. Ogni piccolo racconto è una canzone. E così insieme ai suoi grandi successi come “Rosanna“, “Scrivimi“, “Tra le cose che ho”, arriva anche “Esercizi di stile” – perché nella vita bisogno sapersi comportare per uscire dalle situazioni sempre a testa alta – e poi ancora “Abitudini“, e di questo pezzo mi fa piacere ricordare la collaborazione con il grande Chet Baker.
Durante “L’amore è nudo” tra luci soffuse restano pianoforte e voce, ed è subito atmosfera.
Con quel trio di musicisti che sono il suoi compagni di viaggio che insieme a lui hanno piacevolmente contaminato di jazz il repertorio cantautorale, Buonocore è a suo agio ed anche qualche piccola imperfezione che arriva dal cantato, scivola via mentre gli strumenti si legano e dialogano, lasciando al pubblico la sensazione che per loro, sia tutto così semplice, così accattivante, così appagante.
Bello è stato scoprire che nella sua carriera Nino Buonocore ha scritto della gran belle canzoni, e così mi sono innamorata della sua “Solo un po’ di paura” che il cantautore regala nel bis, dopo aver cantato con il suo pubblico, un pezzettino di “Scrivimi” che tutti avevamo cantato sottovoce nella prima fase del concerto.
Un concerto raffinato, ben calibrato nel quale il pianoforte di Antonio Fresa ha amoreggiato con il tema, per poi lasciarsi andare a divagazioni stilistiche e mentre la base ritmica di contrabbasso e batteria hanno dato la giusta intenzione ai pezzi, tra improvvisazioni e quel senso di brio che solo il jazz sa dare.
Una serata sotto una pioggia torrenziale sulla Calabria, ma calore e fascino in teatro grazie a Nino Buonocore e a quei suoi musicisti che hanno il pregio di sapersi lasciare reciprocamente spazio, che sanno dialogare, sanno far suonare non solo gli strumenti ma anche le emozioni, e che alla fine si inchinano alla platea che applaude, ringraziando per esserci stati.
Beh … siamo noi a ringraziare chi ancora resiste in questo tempo in cui resistere è da eroi.
Simona Stammelluti