Riflessioni di Nino Di Matteo sulle indagini relative al periodo stragista di Cosa Nostra, la trattativa e la latitanza di Messina Denaro. I dettagli.
Il 28esimo anniversario della strage di Via D’Amelio è stato celebrato, i processi Borsellino Quater e sul depistaggio delle indagini dopo l’attentato al giudice Paolo Borsellino sono in corso, e Nino Di Matteo, magistrato non bisognevole di alcuna presentazione, svolge delle riflessioni, rilanciate al microfono del Tg2 Post, e che sono meritevoli di attenzione. Nino Di Matteo difende e sostiene innanzitutto il lavoro inquirente e investigativo svolto, e le sue parole sono: “Dopo gli iniziali depistaggi ed errori, già dal 1995 e dal 1996 le indagini dei processi hanno consentito di accertare passaggi importanti. I processi ci consentono oggi di dire che la strage di via D’Amelio è stata una strage di mafia, ma non solo. E per colmare questi buchi di verità, dando un nome e cognome a quegli uomini estranei a Cosa Nostra che hanno compartecipato all’organizzazione, e probabilmente alla stessa esecuzione della strage, dobbiamo concentrarci su due fattori: capire perché improvvisamente, nel giugno del ’92, rispetto a un progetto assolutamente generico di uccidere il dottor Borsellino, viene accelerata da Salvatore Riina questa volontà di eliminare subito il magistrato. E poi dobbiamo inquadrare quella strage in un contesto più ampio di sette stragi che hanno caratterizzato il biennio del 1992-1994. Dobbiamo cercare di capire quale fu la strategia di Cosa Nostra e mi sento di dire, sulla base della mia conoscenza degli atti dei processi, non soltanto di Cosa Nostra”. Poi Nino Di Matteo risponde alla domanda perché, dopo il fallito attentato allo stadio Olimpico del gennaio 1994, cessano le stragi. Le sue parole: “Sappiamo dai processi che Cosa Nostra con la strategia stragista intendeva seguire una strategia politica: creare nuovi referenti politici, minacciare lo Stato perché qualcuno si facesse avanti per dialogare. Purtroppo dopo la strage di Capaci, e prima di quella di via D’Amelio, mentre Paolo Borsellino andava coscientemente ed eroicamente contro la morte, uomini dello Stato, tramite Vito Ciancimino, contattarono Riina per capire cosa volesse in cambio per abbandonare quella scia di omicidi eccellenti inaugurati col delitto Lima. Bisogna capire perché, dopo il fallito attentato all’Olimpico già pronto con tutti i particolari esecutivi, quell’attentato non venne ripetuto. Siamo subito dopo il 23 gennaio ’94, qualche mese prima delle elezioni del marzo ’94 che cambiarono lo scenario politico. E’ molto importante capire perché non venne portata avanti quella strategia. Da un punto di vista di Cosa Nostra possiamo dire che prevalse l’ala di Provenzano, che da qualche tempo propugnava la teoria del dialogo con lo Stato e l’inabissamento promuovendo il dialogo attraverso una nuova forma di accreditamento nei confronti di referenti politici”. Poi, infine, la domanda su Matteo Messina Denaro, e la sua ultraventennale latitanza. E Nino Di Matteo risponde: “27 anni di latitanza non possono essere soltanto il frutto dell’abilità del fuggiasco che si sottrae alla cattura. Così come è stato per Bernardo Provenzano, che è stato latitante per 43 anni, io mi sento di dire che una latitanza così lunga la si può giustificare solo con coperture istituzionali e forse anche politiche. E’ gravissimo che lo Stato italiano non riesca dopo 27 anni a consegnare alla giustizia un soggetto condannato come uno dei principali ispiratori delle stragi del ’93 che portarono addirittura l’ex presidente del consiglio Ciampi a temere che fosse in atto un golpe. E’ grave ancor di più questa latitanza perché Messina Denaro è certamente custode dei segreti della campagna stragista del ’93 che lo rendono in grado purtroppo di poter esercitare ancora un potere di ricatto nei confronti delle istituzioni. Ecco perché sarebbe un bel segnale se Messina Denaro, condannato per le stragi del ’93, venisse catturato. Messina Denaro è uno di quelli che indica al commando di uomini d’onore che si spostarono a Roma, Firenze e Milano quali obiettivi colpire”.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)