… A te e famiglia.
Molti passeranno il tempo delle festività a rispondere a messaggi ciclostile, mandati a tutti, come se un messaggio uguale per tutti possa mettere tutto a posto, mettere in pace le coscienze, o dare il senso a questa festività.
Peccato che non basti, che non sia mai bastato tutto questo, compresi i regali dell’ultimo momento, simbolo di festività dedite solo ad un consumismo compulsivo che accomuna sotto il segno dell’apparire e quasi mai dell’essere.
Davanti al mio dissenso circa questo Natale, davanti alla mia voglia di restare in silenzio, di non rispondere agli auguri e di non consegnarne, davanti alla mia inquietudine, tristezza, malinconia circa quello che sta avvenendo nel mondo (mai troppo distanti da noi) mi sono sentita rispondere “ma mica possiamo piangerci tutti i guai del mondo“.
Ed è qui che queste persone si sbagliano: non solo possiamo, ma dobbiamo.
Dobbiamo assolutamente mettere da parte egoismo, indifferenza, senso di superiorità, menefreghismo e riscoprire le uniche due cose che andrebbero impacchettate e consegnate al destinatario più prossimo: speranza ed empatia.
Non possiamo girarci dall’altra parte e non si può più dire: “ma io cosa posso fare?”
Perché si può fare … e molto.
Si può prendere parte ad un progetto di solidarietà, si può prendere una posizione, si può dire la propria, si può rinunciare a qualcosa, ad un Natale come tutti gli altri, anche solo per rispetto a tutto quello che sta accadendo. E se proprio per davvero, si vogliono “piangere tutti i guai del mondo” basta un gesto, semplice, silenzioso, accorato e pieno di amore, dello stesso Amore che nasce la notte di Natale e che non ha nulla a che fare con “ricchi premi e cotillion”.
Perché dietro ad alberi superaddobbati e a chi ostenta a “chi ce l’ha più grande e più bello”, dietro i numeri del consumismo, delle milioni di persone in vacanza come sempre (che alla fine non rinunciano a nulla e se ne fregano di ciò che di terribile sta accadendo nel mondo) c’è una realtà che è non solo immensamente triste, ma tremendamente ingiusta.
Ditemi come si fa a non pensare ai bambini sotto le bombe e al freddo, a chi resiste ma non ce la fa più, che non ha più nulla, neanche un futuro da sperare.
I nuovi poveri, coloro che un tempo avevano di che mangiare e oggi sono in fila per un pasto caldo, che oggi, come ieri e pure come domani, non hanno nulla, neanche la speranza di un giorno normale.
Gli anziani soli e spesso abbandonati, che non “riconoscono” più la vita, perché la sopravvivenza è fredda, sterile e fa male, molto male.
I bambini piccoli che muoiono nelle acque del mediterraneo, che non sanno cosa sia il Natale e che non sapranno mai, che sentono il sonno dell’assideramento rapirli e portarli via, mentre la speranza annega insieme a loro.
Le vittime di un regime che vieta alle donne di studiare, di investire in un futuro e che piangono quella speranza che si fa sempre più piccola ma che provano a lottare; e se non dovessero lottare da sole, sarebbero più forti e più tenaci.
I condannati a morte in pubblica piazza per crimini che non esistono, perché semplicemente hanno “respirato la vita”, senza velo in testa, ribellandosi a quella morsa che rende la vita buia, perché senza libertà non esiste la luce del domani.
È un Natale dunque, senza il “camino del mondo”, senza libertà, senza cibo, senza crescita, senza vicinanza, senza solidarietà.
E la solidarietà non è soltanto un aiuto ma un investimento affinché gli altri possano non sentirsi soli.
La carità non è solo un modo per lavarsi la coscienza, ma anche per colmare il vuoto che abita il cuore di chi non ha nulla da mangiare, ma neanche la speranza. Ed è per questo che un dono a chi ha non ha nulla, insieme ad una chiacchierata può essere un regalo meraviglioso. Un pacchetto rosso con dentro la speranza.
Il mondo è distratto, l’occidente è distratto, è con lo sguardo alle proprie misere cose, mentre l’altra faccia del mondo è sotterrata dalle macerie del vivere, di un vivere spaventoso, che fa orrore, che chiede a tutti di schierarsi, di non “lasciare che sia”, di piangere sì le sorti di chi non ha abbastanza voce.
Direte: “Simona ma cosa possiamo fare, concretamente?”
Posso solo dirvi quello che farò io, anzi ciò che non farò.
Non ostenterò nulla, non mi tufferò nel consumismo a tutti i costi, non ricorrerò ad inutili sovrapprezzati regali dell’ultimo momento, non invierò auguri a nessuno.
Proverò a tendere la mano, a dividere quel che ho con chi non ha nulla, proverò ad “esserci” lì dove c’è il buio, la paura di non farcela, dove c’è la solitudine e la fame.
Urlerò il mio dissenso sempre verso ciò che è censura, violenza, privazione di ogni qualsivoglia libertà.
Userò il mio ruolo per tenere alta l’attenzione sui soprusi e i drammi che sono proprio lì, fuori dalla porta delle nostre case, perché nulla è così lontano, se sappiamo guardare senza lasciarci distrarre da tutto ciò che è effimero e destinato a spegnersi allo scadere di una collaudata mezzanotte.
Il mio augurio ve lo lascio qui, cari lettori:
Che sappiate ancora stupirvi davanti alle scelte del vostro cuore, che sappiate commuovervi e soffrire davanti al dolore di chi nulla chiede se non che ci si metta al loro fianco anche se geograficamente lontani; vi auguro di abbuffarvi di solidarietà anziché di torroni e che sappiate esprimere sempre un desiderio che possa coniugarsi con la parola “speranza” che è l’unica luce che non deve spegnersi mai.
BUONE FESTE DA ME, DAL DIRETTORE CASTALDO E DA TUTTA LA REDAZIONE DI SICILIA24H.IT