Il 16 e 17 settembre due concerti dedicati al grande pianista italiano scomparso nel ’95
La storia della musica è popolata da vicende che intrecciano genio e dolore, coesistenza connaturata alla condizione dell’artista, quasi a favorirne l’ispirazione sino alle soglie della follia e una di una fine drammatica. È il caso di Luca Flores memorabile pianista e compositore, tra i più interessanti della scena jazzistica italiana. Flores nasce a Palermo il 20 ottobre 1956 e dal ’59 si sposta spesso con la famiglia, per approdare stabilmente a Firenze nel 1972. Dall’età di cinque anni inizia a studiare pianoforte, diplomandosi con 10 e lode nel 1981, al Conservatorio Luigi Cherubini. Incontra il jazz nei primi anni Settanta frequentando i circoli fiorentini dove si confronta con la nascente comunità di jazzisti italiani. Esordisce col sestetto di Tiziana Ghiglioni incidendo l’LP Streams (1984), poi forma il Luca Flores Trio (con Lello Pareti e Piero Borri). Importanti gli incontri, tra i tanti, con Chet Baker, Massimo Urbani, oltre a Bruno Tommaso, Lee Konitz Paolo Fresu, Furio Di Castri. Studia con Roberto Pichini, Marco Vavolo, Enrico Pieranunzi e Franco D’Andrea. Dal ‘79 all’87 insegna all’istituto Andrea del Sarto di Firenze e nei suoi seminari a Siena Jazz ha tra gli i suoi allievi Stefano Bollani. Nel 1987 lo travolge la malattia mentale il cui gorgo lo avvolgerà sino a condurlo al suicidio il 29 marzo 1995 nella sua casa di Montevarchi. For Those I Never Knows (Spalsh(H) Records, 1995) registrato al Planet Sound Studios di Firenze, dieci giorni prima di togliersi la vita, contiene il suo profondo e intimo testamento sonoro in piano solo, dopo anni drammatici nei quali si abbandona a gesti di autolesionismo. Negli undici brani che compongono il disco (uno con la voce di Michelle Bobko, la sua ultima compagna), ascoltiamo l’apice di un musicista col suo strumento che guarda dentro sé stesso e ci regala, per l’ultima volta, il suo caleidoscopio sonoro. La toccante vicenda personale e il suo genio musicale riverberano nella biografia Il disco del mondo (Rizzoli, 2003) che Walter Veltroni dedica a Flores, un appassionato ritratto dal quale è tratto il film Piano, solo di Riccardo Milani, con Kim Rossi Stuart (2007). Seguono Angela, Angelo mio io non sapevo, di Francesca de Carolis, basato sui racconti di Michelle Bobko (Stampa Alternativa, 2007) e Luca Flores, Uomo, musicista, artista, di Luigi Bozzolan (Terre Sommerse, 2020).
Allo scomparso e indimenticato pianista, il 16 e 17 settembre (con inizio alle 21:00), nella raccolta cornice del Chiostro Comunale di Rovito, si terrà l’Omaggio a Luca Flores, nel quale si alterneranno, venerdì 16, Dino Rubino, al piano, con Marco Bardoscia al contrabbasso e sabato 17, Salvatore Buonafede in piano solo. Rubino che a Luca Flores ha dedicato il brano Flores, presente in Roaming Heart (Tuk Music, 2015) ha fatto il suo ingresso trionfale nei piani alti del jazz italiano vincendo nel 1998 il “Premio Internazionale Massimo Urbani” come miglior nuovo talento. Ha anche suonato nella band di Francesco Cafiso. Ha al suo attivo diverse incisioni anche per la Tuk Music di Paolo Fresu, etichetta con la quale firma nel 2010, iniziando una collaborazione col contrabbassista Marco Bardoscia, che comprende la colonna sonora di un film biografico sul poeta Ferlinghetti, di prossima uscita. Il pugliese Bardoscia, diplomato in contrabbasso, alterna esperienze con vari gruppi spaziando dagli standard rock, a quelli blues e pop, maturando una tensione per la musica afroamericana e lavorando come sideman per incisioni discografiche. Salvatore Bonafede, palermitano, talentuoso sin dai quattro anni d’età, si avvicina al jazz grazie alla passione di suo padre per questo genere musicale. A undici anni ha il suo primo ingaggio come pianista di jazz nel programma televisivo di Rai 1 Sapere: il Jazz in Italia condotto da Franco Cerri. Negli anni Settanta le sue prime esperienze concertistiche. Si trasferisce negli USA nel 1986 e qui resta sino al 1994, compiendo studi importanti e ricevendo premi prestigiosi. A New York inizia la sua carriera discografica di leader come pianista e compositore. Nel 1994 ritorna in Italia e si trasferisce a Palermo. Compie numerose tournée sia come sideman che come leader a fianco di svariati musicisti. Riceve dal cinema influenze e rimandi alla sua attività musicale ma viene anche scelto da alcuni registi anche come attore. Dal 2001 collabora come compositore di colonne sonore per il cinema e per il teatro, ricevendo numerosi riconoscimenti. Al cinema dedica un’intera opera, Journey to Donnafugata, un omaggio al film Il Gattopardo di Luchino Visconti con composizioni originali e rivisitazione delle musiche di Nino Rota.