Paesi di Sicilia nelle pieghe delle colline e lungo litorali marini

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Percorrendo il profilo delle colline o lungo i litorali marini, è possibile trovare, a sorpresa, un piccolo paese con la piazza, la chiesa e la farmacia, il Bar Sport e il municipio imbandierato Italia ed Europa.
Non sono paesini fantasma, gli abitanti ci sono, ma sono rimasti in pochi, a causa del decremento demografico, di trasferimenti e di abbandono, motivi che hanno spopolato i piccoli nuclei urbani.
Gli abitanti rimasti sono i custodi di eventi trascorsi, delle storie passate, delle immagini dell’arte, delle forme dell’artigianato, dei canti e delle ballate, della poesia, e della narrativa.
In tempi recenti corre un sottinteso sentimento di apprezzamento per i piccoli centri abitati, di riconsiderazione con il desiderio di vivere nella semplicità di un piccolo borgo, e i piccoli borghi in Italia sono tanti; sono disseminati lungo la spina dorsale degli Appennini, e poi a seguire negli Appennini siculi, con i Peloritani, Nebrodi, Madonie, Iblei, fino a Rocca Busambra che chiude con i Monti Sicani.
Abitare i borghi, dopo l’irresistibile l’esodo verso le grandi città, le metropoli, ovunque esse siano, anche oltre i confini nazionali, appare un nuovo desiderio, una nuova rivalutazione, a volte un ritorno di chi era partito da quei luoghi, ma anche, e con maggior convinzione, l’arrivo di nuova gente da sempre metropolitana; sono italiani, ma molti sono francesi, inglesi, tedeschi e anche scandinavi.
Non è emigrazione per esigenze primarie, ma scelta di vita, la vita di paese, di campagna, crescere con la natura, con i pomodori, zucchine e cipolle, con le arance, le mandorle e l’uva, ogni cosa a suo tempo, come stagione comanda; per non dire poi del grano, l’ulivo, la vite; scoprire che è buono anche il frutto del carrubo.
Nei borghi, piccoli e reconditi tutto questo appare, ed è la loro dote, poi vi è il paese di case mischiate con qualche nota di architettura di antica storia e altre opere collezionate nel corso dei secoli; vi è la piazza, abbiamo detto, con la chiesa, il comune, farmacia, i carabinieri e bar dello sport. La campana segna l’ora e il ritmo della giornata e sollecita l’alba e il tramonto. I panorami sicuramente saranno spettacolari, a volte come quelli già visti nella pittura del Quattrocento. Il mare sta sempre laggiù, e le stelle, come sempre, stanno a guardare.
I francesi, ai quali attribuiamo uno scambievole sentimento di cuginanza, sono a volte all’avanguardia dei costumi contemporanei. Infatti le cronache annunciano che da qualche tempo gli intellettuali francesi lasciano Parigi e altre grandi città, accentratrici di tutte le attività politiche, sociali, culturali, dove si formano e si esprimono, per alcune piccole cittadine del Sud, dove scelgono di vivere intorno al Massiccio Centrale, o lungo i declivi delle colline che scendono verso il mare.
Cercano e trovano la auspicata serenità, fuori dalla caotica metropoli, ma la semplicità di vita, favorevole all’ ispirazione e alla creatività. Dicono le cronache che alcuni, ma già sono in tanti, cittadini europei, sono orientati a Sud.
Anche gli italiani, non quelli in cerca di lavoro, ma quelli che invece hanno qualche idea per nuove iniziative da manifestare, qualche riproposta sul patrimonio culturale giacente da rinnovare e veicolare e cercare un nuovo contributo da artisti di varia ispirazione, poeti, scrittori architetti, quanti hanno scelto il Sud. Ma sono ancora in pochi a scegliere la semplicità della vita agreste, la quiete in antinomia al trambusto e alle turbolenze della metropoli, per la vita di paese, quita, pacata e placida una scelta che offre varietà di piacevoli iniziative e meritato riposo.
A questo punto mettiamo in campo il Sud d’Italia, ma proprio il Sud, la sua isola, la maggiore di tutto il Mediterraneo; conserva una varietà di piccoli paesi, piccoli centri, ancora intatti dalle composizioni architettoniche dei secoli passati e con qualche modernità del Novecento. Dalla metà del secolo scorso poche cose si sono aggiunte; erano, e in parte ancor oggi, gli anni di emigrazione, e tutto è rimasto fermo e sospeso.
Ma torniamo alla suggestione di visitare un paesino solitario e magico come un presepe. Un paesino intatto tra le pieghe delle colline e penosamente così lasciato a causa di forte emigrazione.. Tutto resta intatto, e tutto sembra dire arrivederci a tempi migliori. Rimangono le casette in fila su i due lati della strada, i portoncini con i pomelli ormai ossidati, le cancellate in ferro battuto con qualche ricciolo Liberty, i cortili lastricati con pietre di mare, la piazza con i sedili di pietra sul ciglio del belvedere a guardare panorami e tramonti, i tetti rossi e le grondaie di terracotta delle casette allineate e appoggiate le une alle altre.
Visitare questi luoghi, percorrere quelle antiche strade non è un’avventura, è un viaggio che può essere pieno di sentimento e di amorevole scoperta. A tratti appaiono immagini di un mondo passato ma che subito si trasfigurano in quelle della modernità, per la presenza di elementi della vita contemporanea: in un angolo un’auto dell’ultimo modello, un’insegna in inglese, la griffe esclusiva di un negozio fortemente illuminato, una complessa antenna TV.
Ma in questo viaggio, senza avventure, vogliamo privilegiare, ritrovare, se possibile, sapori, odori e immagini, se ancora persistono, di un mondo trascorso, alla maniera dei quadretti dei Macchiaioli.
E allora ecco cosa c’è, ancor oggi, in questi piccoli paesi di collina, perché la maggior parte si trovano tra i 600 e gli 800 metri sul livello del mare: la bellezza del paesaggio, l’ambiente incontaminato, la quiete e sicuramente l’ospitalità paesana, semplice e modesta.
Vi saranno, al tocco di mezzogiorno, le fumose carni arrostite, pane e olive, le aringhe affumicate, (come quelle di Vittorini), le verdure grigliate, frutti particolari, melograni, mandarini e poi castagne e pistacchio, vino forte e sincero, e anche l’acqua che per qualità non è da meno.
Se il paesino è in riva al mare, pesce fresco e frutti di mare tutti i giorni e per tutto l’anno, poi c’è anche l’insalata di polpo e la cernia di carne bianca di gusto eccezionale ma che a vederla fa paura. Nel caso vino bianco, fresco e poco frizzante.
Ma com’è il paese urbanisticamente parlando. Vi è sempre una piazza, abbastanza grande, alberelli intorno e al centro il Monumento al Milite Ignoto, un soldatino in bronzo, armato, guarda lontano. Sul ceppo ancora una scultura di Francesco Rutelli, in ricordo dei caduti della prima guerra mondiale. Ai lati del basamento i nomi dei caduti, hanno i cognomi degli abitanti del posto, un lungo elenco che dice “soldato, soldato”, ogni tanto “tenente” o “capitano”. In alcuni monumenti vi sono anche i nomi dei militari caduti nella seconda guerra mondiale. Oltre non c’è più spazio per altri nomi, basta, va bene così. Sulla piazza la Chiesa Madre, generalmente di composizione barocca con alti basamenti e colonne, trabeazione e frontone, a volte con un elegante rosone. Interno ad una navata, altare dedicato al Santo Patrono, festeggiato all’inizio dell’estate, ringraziamento dovuto dopo la raccolta delle messi. Ai lati della navata gli altri santi, il fonte battesimale in marmo, e in sacrestia i cassettoni degli arredi sacri in pregiato castagno secolare.
Poi c’è il Municipio, sede civica, con la bandiera italiana e quella d’Europa, qualche lapide che ricorda un personaggio in visita, o “qui dormi”, come Garibaldi, ambito ospite, ma non poteva dormire d’apperttutto.
La distribuzione delle istituzioni, la toponomastica del luogo, si potrebbe completare con le Scuole Elementari e il Campo sportivo, l’asse del decumano principale, il corso del passeggio, specie nei giorni festivi, e nelle feste comandate. Per completare non può mancare la caserma dei carabinieri, la farmacia e la condotta medica. Nel corso, bene illuminato, specchiano le vetrine dei negozi; non mancano le firme nazionali e internazionali, le cucine e salotti, abiti da sposa, liste nozze, ecc. ecc.
Basta così, altrimenti stiamo per ricreare un angolo di area metropolitana.

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