Quando davanti ad un comico mi dicevano “Simo ma perché non ridi?” rispondevo sempre “a me fa ridere Gigi Proietti“. Che grande dispiacere dover accogliere la notizia della tua morte, in questo giorno dei morti, il giorno in cui eri nato. E dire che convinta che fosse ieri il tuo compleanno, citavo la tua famosa frase sul teatro: “viva il teatro, dove tutto è finto, ma nulla è falso”.
Sgomenta, come tutti, mi siedo e scrivo, con in testa il suono delle tue mille voci e quella risata così contagiosa che alla fine ci si doveva solo arrendere. Tu che scherzavi sulla tua età, che invecchiavi senza pretese, che conoscevi perfettamente la potenza della tua arte e che con un passo eri nel cinema e poi con il balzo tornavi a teatro. Impeccabile in ogni ruolo, faccio fatica a fermare l’immagine su una precisa performance.
Scherzavi spesso sul fatto che l’arte era arrivata senza esserne figlio. La tua famiglia era una famiglia come tante, eppure eri certo che l’arte arrivasse da quel nonno pecoraro che morendo lasciò poesie sparse, senza una virgola sbagliata.
Un romano la cui romanità è stata cultura, i tuoi sketch, le tue barzellette, le gag, hanno immortalato il tuo modo di fare arte e ti hanno reso immortale. Potevi raccontarla cento volte la stessa barzelletta, cento volte ridevo (e ridevi anche tu).
Trascinante, fresco, coinvolgente. Sei stato così per 80 anni che potevano essere di più ma che hai utilizzato affinché bastassero, per non farci sentire orfani della tua arte.
Imitazione, recitazione, poesie, parodie … eri così orgoglioso dei tuoi cavalli di battaglia, come quando facevi lo chansonnier francese in “ne me quite pas” però in romanesco, perché di Roma ne hai fatto un grande palcoscenico. Una voce unica ed inconfondibile, mille volti, mille personaggi ma un volto unico di teatralità che è stato la tua storia.
Se penso a te, penso alla grande sensibilità teatrale, un vero raccontastorie, un simbolo di bravura senza divismo. Eppure sei stato il mio mito. Quando avevo bisogno di ridere, di star bene, venivo a cercarti e trovavo sempre la tua grande arte, ad attendermi.
Sei stato un acrobata, sei stato capace di passare dall’interpretazione di “come pioveva” con Renzo Arbore” alla comicità nel film “Febbre da Cavallo”, alla tua raffinata idea del “Golden Globe” a Villa Borghese. Sei stato un curioso, e quella curiosità che tu chiamavi “vizio” ti ha reso formidabile in ogni step artistico.
Come si fa a citare tutto quello che hai fatto, Gigi? Oggi ognuno di noi ti dedicherà un pensiero, una parola, una lacrima; in questo giorno così triste e ammantato di dispiacere, in questo giorno in cui egoisticamente non vorremmo mai aver ricevuto questa notizia, mentre tu vai via, con l’eleganza che ti ha sempre contraddistinto ma anche con il “coup de théâtre” che dice molto di cosa sei stato.
“La vecchia c’è, non ci possiamo fare niente” – dicevi mentre confessavi che te ne eri liberato quando avevi smesso di tingerti i capelli. La vecchiaia ha fatto la sua parte, tu la tua.
Ciao Maestro, e grazie di tutto.
Simona Stammelluti