A breve sarà inaugurata la sede della ricostituita società “Stretto di Messina”. Il governo: “Entro pochi mesi saranno avviati i cantieri”. Tavolo operativo al ministero.
Il progetto di costruzione del ponte sullo stretto di Messina assume contorni più concreti, nonostante dubbi e scetticismo fondati allorchè si tratta di una promessa rinnovata da decenni e mai mantenuta. Nei prossimi giorni dovrebbe essere inaugurata la nuova sede a Roma della ricostituita società “Stretto di Messina”. I locali sono stati già reperiti, come confermato dal vice premier e ministro a Infrastrutture e Trasporti, Matteo Salvini, tra i primi sostenitori dell’opera. E a Roma lo stesso Salvini convocherà a breve al ministero dei Trasporti i sindaci di Messina e di Reggio Calabria, a testimonianza della volontà di coinvolgere gli enti locali su scelte che inevitabilmente determinano un impatto rilevante, positivo o negativo che sia, sui territori. Inoltre si lavora per risolvere e superare tutti i contenziosi ancora pendenti, in modo da scongiurare, come già accaduto, il rimborso di fondi investiti sulla struttura poi naufragata. E a fronte di tutto ciò l’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ha appena annunciato l’imminente avvio dei cantieri, tramite i social, con un post su Instagram. E ha scritto: “Apriremo i cantieri nei prossimi mesi. I nostri governi di centrodestra hanno certamente reso l’Italia più moderna ed efficiente. All’ambientalismo ideologico della sinistra, ai propositi di decrescita infelice del Movimento 5 Stelle, che avrebbe voluto un’Italia senza più industria, abbiamo risposto con progetti e opere che oggi consentono ai nostri cittadini di viaggiare comodamente e rapidamente da una parte all’altra del Paese, a milioni di turisti di visitare il nostro Paese ogni anno, alle nostre imprese di trasportare e consegnare i loro prodotti in poche ore”. E poi ha aggiunto: “Negli anni in cui sono stato presidente del Consiglio abbiamo inaugurato centinaia di opere pubbliche. Abbiamo ad esempio realizzato il ‘Mose’, un’opera avveniristica che anche in queste ore ha salvato nuovamente Venezia dall’acqua alta, da danni che sarebbero stati ingenti e costosissimi. Senza opere pubbliche non c’è sviluppo” – conclude. Essere un’isola, pur distando poco più di 3 chilometri dal Continente, è un costo che la Sicilia non intende più pagare. L’insularità, ossia la condizione di permanente separazione dal resto dell’Italia, pesa per 6 miliardi e 54 milioni di euro all’anno, pari al 7,4% del Pil, il Prodotto interno lordo, regionale. I parametri di valutazione dei costi, adottati dagli Uffici preposti della Regione, si basano su modelli econometrici che misurano i maggiori costi di trasporto di persone e merci. Ebbene, secondo gli esiti, la Sicilia registra il costo medio più elevato sia in Italia, il 150,8% della media nazionale, sia rispetto all’Europa, il 28%, in riferimento anche alla minore competitività delle esportazioni siciliane causata proprio dai maggiori costi per muovere beni e servizi.
Giuliana Miccichè