I contatti fra i vertici di Deloitte e Girgenti Acque, secondo il giudice, non sono sintomatici di connivenze e complicità ma sarebbero, piuttosto, “normali interlocuzioni”.
Il giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Agrigento, Micaela Raimondo, ha utilizzato quasi 300 pagine di motivazioni, per spiegare le ragioni per cui i vertici del colosso pugliese Deloitte non hanno alterato gli strumenti contabili. I vertici della società pugliese erano accusati di concorso in associazione a delinquere per avere alterato gli strumenti contabili della società che gestiva il servizio idrico. Il gup ha disposto il non luogo a procedere e spiega: “Impianto accusatorio debole”. “A prescindere dall’inutilizzabilità delle intercettazioni non si ravvisano falsificazioni dei bilanci della società Girgenti Acque”.
A Claudio Lusa, vertice del team della società di revisione, e agli altri componenti Michele Calvello, Alberto Paderni e Francesco Macina, si contestava, in particolare, il concorso esterno nell’associazione a delinquere che, sostiene l’accusa, sarebbe stata messa in piedi dal presidente della società che gestiva il servizio idrico nell’Agrigentino. Un sistema di corruzione, di cui ne facevano parte professionisti, uomini delle istituzioni e forze dell’ordine, che gli avrebbe consentito di usufruire di protezioni a tutti i livelli.
La società, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe concordato con i vertici di Girgenti Acque i documenti da produrre al fine di insabbiare le criticità e avrebbe omesso una serie di rilievi che avrebbero portato alla bocciatura dei bilanci. Il giudice l’ha ritenuto infondata e ha rigettato le richieste di rinvio a giudizio dichiarando il non luogo a procedere: “L’impianto accusatorio è debole. Le espressioni utilizzate dagli indagati sono scarsamente significative di un’attività diretta a garantire l’impunità”.
I contatti fra i vertici di Deloitte e Girgenti Acque, secondo il giudice, non sono sintomatici di connivenze e complicità ma sarebbero, piuttosto, “normali interlocuzioni”.