La Procura di Agrigento nega il nulla osta all’allontanamento dall’Italia di Carola Rackete. E’ ancora indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I dettagli.
Il prefetto di Agrigento, Dario Caputo, dopo la non convalida dell’arresto, ha firmato il provvedimento di allontanamento di Carola Rackete dall’Italia. Nel frattempo, il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha prospettato: “Bene, bene, adesso decreto di espulsione e primo aereo: destinazione Berlino”. E invece no. Il provvedimento del prefetto è soggetto all’ok dell’autorità giudiziaria, e le autorità che abitano il palazzo di giustizia in via Mazzini ad Agrigento hanno negato il nulla osta e hanno risposto no: “La capitana tedesca resta qui, perché martedì 9 luglio la attendiamo noi, per interrogarla”. E sì. E così.
La giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Agrigento, Alessandra Vella, non ha ritenuto sussistenti i reati di resistenza e violenza a nave da guerra, e di resistenza a pubblico ufficiale. Tuttavia Carola Rackete è ancora indagata dalla Procura della Repubblica di Agrigento per il reato residuo, ovvero il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. E pertanto ella dimorerà nei pressi di Agrigento ancora, e almeno, fino a martedì prossimo quando il procuratore aggiunto, Salvatore Vella, la interrogherà su tale ipotesi di reato. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, incassa un altro colpo, si morde le mani e commenta sarcastico: “C’è una giustizia che in queste ore ci deve spiegare se possiamo quantomeno mettere su un aereo direzione Berlino questa signorina o se la dobbiamo vedere fare shopping a Santa Margherita Ligure o a Portofino in attesa di attentare alla vita
di altri finanzieri. E’ veramente una sentenza scandalosa”. Dunque, quali sono le tracce di indagine che saranno percorse dai magistrati inquirenti di Agrigento che contestano alla comandante Rackete il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina? Ordunque, bisognerà valutare se l’azione di salvataggio dei migranti, compiuta nelle acque antistanti la zona Sar (ricerca e soccorso) libica, sia stata un’azione necessitata. Poi se i porti della Libia sono da ritenersi sicuri o no. Poi se la zona Sar libica è efficacemente presidiata dalla guardia costiera libica. Poi, ancora sulle modalità del salvataggio, se vi siano stati contatti tra i trafficanti di esseri umani e la Sea Watch, e se, qualora il contatto vi sia stato, se è avvenuto in modo fortuito o ricercato, quindi se si è trattato di un’azione di salvataggio in mare oppure di un’azione concertata. Già il procuratore aggiunto, Salvatore Vella, ha effettuato una perquisizione a bordo della “Sea Watch” per acquisire materiale probatorio per eventuali contatti tra i trafficanti libici e i componenti della Sea Watch. Il materiale prelevato è attualmente coperto da segreto investigativo.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)