La Corte d’Appello di Palermo conferma un risarcimento di 307mila euro ad un agrigentino che ha contratto l’epatite C dopo una trasfusione di sangue. I dettagli.
Un agrigentino, G F sono le iniziali del nome, è nato nel 1961. Nel 1978, a 17 anni di età, è stato ricoverato all’ospedale “Civico” a Palermo a seguito di un incidente stradale. E’ stato sottoposto ad una trasfusione di sangue e plasma, e ha contratto l’epatite C. Adesso la Corte d’Appello di Palermo, confermando la sentenza di primo grado, ha condannato il Ministro della Sanità, Orazio Schillaci, a pagargli un risarcimento danni di 307mila euro. Sì perché, nel corso degli anni successivi, il virus ha compromesso la salute dell’agrigentino allorchè il contagio ha provocato l’insorgenza di una cirrosi epatica.
Nel 2019 il Tribunale di Palermo, accogliendo le istanze dei difensori, gli avvocati Angelo Farruggia e Annalisa Russello, ha accordato il risarcimento di 307mila euro riconoscendo il ministero della Sanità responsabile di avere favorito, con l’omissione dei controlli già all’epoca previsti dalla legge in materia di raccolta, distribuzione e somministrazione di sangue, una vera e propria epidemia colposa per la diffusione del virus dell’epatite C. Il ministero si è opposto e ha presentato ricorso in Appello tramite l’Avvocatura di Stato, sostenendo la non colpevolezza, non essendo in quel periodo disponibili i test volti a controllare che il sangue non fosse infetto dal virus HCV, scoperto solo nel 1989. La Corte d’Appello ha risposto “picche”, e ha confermato i 307mila euro sentenziati dai giudici del Tribunale, ribadendo che il ministero ha violato il dovere istituzionale di controllo nell’attività in materia di raccolta, distribuzione e somministrazione di sangue. Tali controlli, se effettuati, con probabilità avrebbero impedito il contagio.