Amadeus lo dice subito: \”sarà una lunga maratona\” e queste parole suonano come una sentenza.
Vuoi sapere come va la classifica? (Perché è quello che poi alla fine interessa agli addetti ai lavori).
E allora devi soffrire fino alle due di notte.
Ma ieri sera c\’è stato un bel po\’ di materiale a tenerci svegli fino a notte fonda.
Gianni Morandi un po\’ sottotono (malgrado il suo ingresso all\’Ariston in tenuta da maratona); forse incomincia a pagare anche lui la stanchezza di giornate infinite e stancanti.
La co-conduzione è stata affidata a Chiara Francini, che spesso divide. A chi piace e a chi no, ma la sua ironia così antentica e sofisticata le consegna sul finale di serata, l\’occasione di mostrare tutta la sua intensità in un monologo dedicato alla mancata maternità, sottolineando quel senso di inadeguatezza che accompagna spesso la vita di chi madre non sarà mai. E quel dialogo con un figlio immaginario regala un momento toccante e ci si chiede perché sia stato \”sprecato\” a notte fonda.
Ma la serata al netto del premio alla carriera a Peppino di Capri – che si lascia sfuggire un sincero \”meglio tardi che mai\” – è dedicata tutta ai 28 duetti che i cantanti in gara hanno allestito con altrettanti ospiti; alcuni molto discutibili.
Ad incantare meravigliosamente ci pensa Marco Mengoni, che sceglie Kingdom Choir (coro gospel pazzesco) per regalare al pubblico \”Let it be\” dei Beatles. Le tante sfumature della voce di Mengoni, l\’estensione e il colore che è segno distintivo del suo cantare si fonde in maniera impeccabile a quelle del coro ed è come se per 5 minuti si fosse tutti fuori da quel palco, catapultati ad Harlem dove ogni singola nota cantata diventa emozione.
Mengoni vince e stravince sia la serata dei duetti, sia la classifica generale nella quale non si è mai mosso da quel primo posto, e mi domando se i giochi non siano già fatti e se non ci siano più sorprese da attendere da questo Sanremo 2o23.
Ma a parte Mengoni che sembra viaggiare da solo, incurante del fatto di essere in fondo in gara, ieri sera ci sono state delle cose bellissime ed altre improponibili. E come sempre ci si domanda il perché di alcune scelte, come per esempio cosa spinga un cantante in una serata di cover a cantare le proprie stesse canzoni. Ma anche in questa logica ieri sera ci sono state delle eccezioni.
Una rispolverata in grande stile di molti cantanti anni 80: Zarrillo, Ramazzotti, la Cuccarini, Biagio Antonacci, Vallesi.
Ma andiamo per ordine.
Bocciati senza appello Ariete che con Sangiovanni in apertura di puntata storpiano completamente \”Centro di Gravità Permanente\” di Battiato. Non un omaggio, non una rielaborazione; solo un tentativo disperato che non salva.
Bocciata Anna Oxa che canta sé stessa (Un\’emozione da poco), Paola e Chiara che cantano un medley di loro stesse canzoni, e poi ancora Coma Cose che cantano con Baustelle.
Prima di dire i promossi, porrei l\’attenzione su quei duetti dove la cifra degli ospiti è stata spiazzante.
È il caso di Zarrillo – che sembra nato per cantare canzoni sanremesi a Sanremo – che annienta letteralmente Will con \”5 giorni\”, e poi ancora Elisa che nel duetto con Giorgia, con le loro rispettive \”luce\” e \”di sole e d\’azzurro\” dimostra una superiorità non solo canora ma anche interpretativa. Giorgia quest\’anno non ce la fa, non è il suo anno, ed anche se le due cantanti rappresentano ad oggi le migliori voci in circolazione, è stata Elisa a salvare la performance, con intonazione, potenza e intensità, e mettendo a suo agio la collega amica che lasciandosi guidare ha poi ripreso le sorti del duetto.
Carla Bruni – che potrebbe dare lezioni a tutti di stile e savoir faire, cattura l\’attenzione di tutti – sfodera le sue conosciutissime doti canone e salva l\’esibizione (nazional popolare) con Colapesce Dimartino in Azzurro di Celentano.
Lo stesso vale per Colla Zio, salvati da Ditonellapiaga in \”Salirò\”. Fa tutto lei, balla, canta e fa dimenticare che i giovani in gara – in quel pezzo di Silvestri per nulla facile che fu proprio portato a Sanremo – non erano certo in forma smagliante.
Non ho apprezzato neanche la Sattei che sceglie Noemi con l\’amour toujour di D\’agostino.
Non male gli articolo 31 con Fedez in un medley dei loro stessi pezzi, I Modà con le Vibrazioni i cui cantanti hanno una vocalità molto simile, Shari e Salmo che cantano Zucchero mentre si sente aleggiare il groove, Gianmaria con Manuel Agnelli e Mr Rain con Fasma.
Ma veniamo alle cose belle davvero.
Personalmente ho trovato pazzesche Elodie con Big Mama in American Woman di Lenny Kravitz. Presenza scenica, vocalità piena, interpretazione; molto d\’effetto e ben sfruttato il momento duetto.
Momento magico per Lazza che con Emma Marrone e la violinista Laura Marzadosi regalano \”La fine\” di Nesli nella versione di Tiziano Ferro. Bravi, intonati, intensi. Armonicamente impeccabili.
Da incorniciare la performance di Leo Gasmann che fa un\’ottima scelta condividendo il palco con un ancora bravissimo Edoardo Bennato & Quartetto Flegreo in un medley di Bennato. Bravo Gassmann a lasciarsi guidare, ad entrare dentro l\’atmosfera del cantautore partenopeo. Il quartetto d\’archi spumeggiante, accattivante, impeccabile.
Ho apprezzato molto anche Madame con una sua personalissima versione di Via del Campo di De André, perché la cantante è capace di portarti dentro il su modo di cantare e per quei minuti mette in pausa il dove e il quando.
Bene anche Rosa Chemical con Rose Villain in \”America\” della Nannini, Tananai con Don Joe e Biagio Antonacci nel pezzo \”Vorrei cantare come Biagio di Cristicchi. Penso che Antonacci canti molto meglio oggi che nei tempi che furono suoi. Non mi è dispiaciuta neanche Levante con Renzo Rubino al piano in Vivere di Vasco Rossi. Ritengo abbia azzeccato pezzo ed intenzione.
Alex Britti impeccabile con la sua Oggi sono io, mentre accompagna un Lda che prova a stargli appresso senza riuscirci completamente. Olly deve ringraziare Lorella Cuccarini in spendida forma sul palco insieme a lui.
I cugini di Campagna forse dovrebbero cambiare genere, ma definitivamente, perché di quegli acuti non se ne può più, non è più tempo.
Una riflessione voglio farla sulla performance di Grignani che per cantare il suo meraviglioso cavallo di battaglia \”destinazione paradiso\” ha invitato Arisa. Ora se dovessimo valutare la performance esclusivamente da un punto di vista di intonazione ed armonia, dovremmo dire che era tutto sbagliato, stonato, fuori tempo, fuori tutto. Dovremmo dire che Arisa ce l\’ha messa tutta per \”tirarlo dentro\” al pezzo, per accompagnarlo nel canto, per sostenerlo, ma con scarsi risultati, finendo ella stessa fuori intonazione.
Ma io per tutto quel tempo dell\’esibizione mi sono commossa pensando a quello che Gianluca è, oggi, al netto della sua partecipazione a quel festival che tanto successo gli ha regalato in passato e che oggi lo spaventa quasi, lo intimorisce, come un bambino a cui la maestra chiederà di declamare la sua prima poesia a memoria. Gianluca viva nel suo mondo, fatto di fragilità paura ed incertezza, di maledizione, di eccessi e di difese alzate perché proprio non ce la fa a combattere quel mondo che ormai gira troppo in fretta e se ne infischia di chi prova un dolore sordo e silenzioso. E allora quel coraggio, va premiato tutto, senza remore.
Avevo dimenticato Eros Ramazzotti che dimentica le sue stesse parole della sua canzone, mettendo in difficoltà un Ultimo lucido e bravissimo.
Durante la serata i ragazzi di Mare Fuori, i protagonisti del PrimaFestival, la breve striscia quotidiana che precede l’inizio del Festival.
Un plauso va alla meravigliosa orchestra di Sanremo che sera dopo sera riesce a dare lustro a tutta la kermesse.
Insomma oggi siamo pronti a tutto: a finire dritti dritti nella notte dei vincitori, a sorprenderci per un eventuale cambio di rotta della classifica e ad ascoltare nuovamente tutte le 28 canzoni in gara che, ormai dopo 5 giorni, quasi quasi ci piacciono tutte un po\’.
A stanotte, con i nomi dei vincitori.