Emergono altri particolari nell’ambito dell’inchiesta che ieri ha provocato l’arresto del candidato al Consiglio comunale di Palermo con Forza Italia, Piero Polizzi, del costruttore mafioso Agostino Sansone e del collaboratore Manlio Porretto. Un trojan è piazzato nel cellulare di Sansone. Lui il 10 maggio si reca nel comitato elettorale di Polizzi, e Polizzi si rivolge così a Sansone, sussurrando: “Se sono potente io, siete potenti anche voi. Ce la facciamo”. E Manlio Porretto afferma: “Però siamo stati iunco… ci siamo calati alla china! Perché noi bene abbiamo fatto! Non è che c’è qualcuno che può parlare male di noialtri!”. Secondo gli indaganti, Porretto si riferisce alla capacità di resistenza della famiglia mafiosa dell’Uditore, che, nonostante le numerose e continue condanne, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e i sequestri, era riuscita a resistere. E i magistrati aggiungono: “Con ciò richiamando l’immagine della flessibilità del ‘junco’, descrivendo una ben precisa filosofia mafiosa: riemergere dalla necessaria e alle volte ineluttabile strategia di sommersione, per poi rialzare nuovamente il capo, al momento opportuno, e ritornare più forti di prima, riallacciando i rapporti con la politica, ripristinando le vecchie e attivando nuove alleanze con gli appartenenti alle istituzioni”.
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