Il campionario di modi per guadagnarsi un posto al sole si arricchisce oggi di un nuovo originale capitolo dall’autore anonimo e dal nome evocativo “Filiera Agrigento c’è”. Cosa sia “Agrigento c’è” nessuno lo sa proprio perché non esiste, o meglio, l’unica testimonianza dell’esistenza di questa fantomatica filiera si è avuta attraverso una dichiarazione di intenti avvenuta un paio di mesi or sono, in pieno lockdown. La finalità, almeno negli intenti, era quella di promuovere idee per rilanciare il turismo che, a causa della pandemia, risultava gravemente tramortito. Sicuramente uno scopo nobile, tanto è vero che avevano aderito e benedetto l’iniziativa anche la Regione Siciliana, il Comune di Agrigento, Trenitalia e altri Enti che dubito siano stati informati delle recenti determinazioni della fantomatica filiera di cui sopra. Infatti, proprio ieri, qualcuno degli autori di questa ennesima dichiarazione di intenti, che fino ad oggi era rimasta lettera morta, si è svegliato dal torpore, ha parlato come se fosse il padrone del vapore e ha scagliato contro l’Assessore all’ecologia quella che vuole far sembrare una bomba ma che in realtà è un simpatico scappellotto dietro la nuca.
La verità è che l’invincibile armata dal nome “Agrigento c’è” non si è mai mossa e mai avrebbe potuto muoversi in quanto è una scatola vuota priva di struttura e nessuno è titolato a parlare a suo nome. Si è mosso soltanto qualche solitario Brancaleone agitando vessilli trafugati ad altre casate.
Ironie a parte, mi chiedo che senso abbia svegliarsi dal coma a poco più di un mese dalle elezioni chiedendo la testa di un assessore se non per pura strumentalizzazione elettorale. “Agrigento c’è” nasceva, secondo gli intenti, per suggerire soluzioni. Bisogna chiedersi allora se abbia mai formulato una proposta sul tema; se abbia mai avanzato soluzioni alternative o se abbia mai, semplicemente, parlato, seppur di striscio, di questi o di qualunque altro argomento, quantomeno per giustificare la sua stessa esistenza. Ebbene, la risposta è no. Una proposta, allora, la faccio io: entrare nell’agone politico è sicuramente legittimo ma sarebbe più elegante farlo ciascuno con la propria faccia e col proprio nome, senza nascondersi dietro altisonanti sigle per apparire più grossi di quello che si è nella realtà.