Sicurezza: con decreto Salvini stop a migranti volontari in Procura Agrigento

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Stop ai giovani richiedenti asilo volontari che da domani avrebbero dovuto iniziare a prestare servizio negli uffici della Procura di Agrigento. I sei ragazzi, tutti diciannovenni, e sbarcati in Italia non ancora diciottenni, grazie a una intesa tra Procura e Caritas, si sarebbero dovuti occupare dell’archivio, dello spostamento dei faldoni, e avrebbero dovuto collaborare con le cancellerie. Ma un cavillo del Decreto Salvini rischia adesso di fare saltare tutto.

Così, domani, il Procuratore capo Luigi Patronaggio, il magistrato che ad agosto, ha indagato il ministro dell’interno, Matteo Salvini, per sequestro aggravato nell’ambito dell’inchiesta sulla nave Diciotti, a meno di sorprese dell’ultimo momento, non firmerà l’accordo.

Domani si sarebbero dovuti incontrare nei locali della Procura, da un lato, il Procuratore Luigi Patronaggio, dall’altro Valerio Landri, direttore della Caritas diocesana di Agrigento, e Lorenzo Airò, presidente dell’associazione “La mano di Francesco”, che gestisce il centro nel quale sono ospitati i migranti coinvolti nell’iniziativa. Ma è altamente probabile che salti tutto, perché la Procura di Agrigento, come si apprende, sta “ancora verificando i requisiti di legge, sia della onlus che dei richiedenti asilo”.

Con l’introduzione del decretro Salvini si ipotizza che le condizioni preesistenti per l’intesa non sussistano più, perché i giovani migranti, che avrebbero dovuto prestare la propria opera a titolo gratuito, adesso rischiano o l’espulsione oppure il trasferimento nei ‘Siproimi’, cioè gli ex Sprar, acronimo di Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati. La principale differenza tra i due sistemi risiede proprio nel fatto che, a partire dall’entrata in vigore del decreto sicurezza, i beneficiari delle attività di integrazione e di inclusione sociale precedentemente offerte a richiedenti asilo/rifugiati nell’ambito del sistema Sprar saranno solo i titolari di protezione internazionale, ovvero coloro i quali hanno titolo definitivo a permanere sul territorio nazionale. Ricadono in questo gruppo coloro ai quali è stato riconosciuto lo status di rifugiato, i beneficiari della protezione sussidiaria, i beneficiari dei ”permessi speciali” nonché i minori non accompagnati per i quali la massima assistenza è sempre garantita indipendentemente dal loro status. Tutti i soggetti che hanno presentato domanda di protezione internazionale e che sono ancora in attesa della definizione della loro posizione giuridica, quindi, non avranno più diritto ad alcuna assistenza integrativa. In altre parole, la protezione umanitaria che prima ”veniva riconosciuta sulla base della generica previsione” di ”seri motivi di carattere umanitario” dai contorni indefiniti”, come ha spiegato in un recente dossier il Viminale, oggi viene concessa in presenza di ”ben definite circostanze”. ”Il richiedente asilo, fino alla definizione del suo status – si legge nel dossier – è ospitato nelle diverse strutture di accoglienza con l’assistenza essenziale; il beneficiario di protezione internazionale potrà godere della qualificata ospitalità offerta dal Siproimi”.

Valerio Landri, direttore della Caritas diocesana di Agrigento, preferisce non commentare ma domani andrà in Procura “per la firma dell’intesa”. Che, con ogni probabilità, salterà.

I sei ragazzi hanno saputo dei problemi burocratici e non nascondono la loro tristezza, ma soprattutto delusione. Saeny, Musa, Demba, Salifu, Balamin e Mustafà, questi i loro nomi, sono in gran parte gambiani. Nei giorni scorsi i giovani avevano persino conosciuto i funzionari del Palazzo di giustizia con i quali avrebbero dovuto. Un incontro informale nel corso del quale sono state illustrate le attività che dovranno svolgere.

Un esperimento interculturale che adesso salterà a causa del decreto Salvini. I sei ragazzi hanno tutti i documenti in regola ma con l’entrata in vigore del Decreto Sicurezza, anche i richiedenti asilo possono essere considerati irregolari. L’intesa sarebbe rientrata nella “normale ricerca di buona prassi di gestione per una migliore offerta di servizi al pubblico”. Ma un cavillo rischia adesso di fare saltare tutto. Con buona pace dei sei ragazzi che vedono sfumare un sogno in cui credevano.

 

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