L’inchiesta “Sorella Sanità” e due verbali di dichiarazioni rese da Fabio Damiani. L’ex manager avrebbe ammesso tutte le contestazioni.
Nell’ambito dell’inchiesta cosiddetta “Sorella Sanità”, sfociata nel blitz dello scorso 22 maggio, la Procura della Repubblica di Palermo ha invocato al Tribunale l’arresto di diciotto persone, 15 in carcere e 3 ai domiciliari. Invece il Giudice per le indagini preliminari ha letto gli atti istruttori e ha concesso l’arresto in carcere solo per due indagati, Fabio Damiani, 55 anni, già responsabile della Centrale unica di committenza per gli appalti sanitari e direttore dell’Azienda sanitaria provinciale di Trapani, e Salvatore Manganaro, 44 anni, di Canicattì, presunto “faccendiere” di riferimento di Damiani. Da circa due mesi Manganaro collabora con la giustizia. I magistrati palermitani hanno già raccolto la sua confessione piena. Lui ha ammesso di avere intascato tangenti e ha firmato centinaia di pagine di verbali sollevando il velo sul livello politico dell’inchiesta, con tanto di nomi e cognomi. Invece Fabio Damiani non collabora con la giustizia ma dal carcere ha recentemente scritto una lettera ai magistrati a sua discolpa ritenendosi, tra l’altro, “vittima di un sistema in cui l’ingerenza della politica era ed è totale”. Adesso Fabio Damiani ha confessato. Lui ha ammesso di avere intascato tangenti per favorire alcune società nell’aggiudicazione di appalti pubblici milionari. Damiani ha reso dichiarazioni al procuratore aggiunto Sergio Demontis e ai sostituti Giovanni Antoci e Giacomo Brandini, titolari dell’inchiesta. I verbali sono datati 20 e 26 novembre scorsi. Non è ancora certo se l’ex manager abbia svelato altre responsabilità oltre alle sue. Manganaro ha chiesto il patteggiamento della pena a 4 anni e 2 mesi, e la restituzione di 240mila euro, ovvero quanto avrebbe intascato come tangenti. Fabio Damiani, dopo la richiesta di giudizio immediato, ha scelto di essere processato in abbreviato. E nell’ambito di tale processo dovrebbero essere depositati i due verbali del 20 e 26 novembre in cui sarebbero citati i favori resi alle imprese “Tecnologie Sanitarie”, “Siram” e “Pfe”. Subito dopo il suo arresto, peraltro, Damiani ha ammesso di avere ricevuto 37mila euro, minimizzando il suo ruolo e le cifre delle tangenti incassate. Nel corso degli ultimi due interrogatori avrebbe invece ammesso tutte le contestazioni. L’inchiesta “Sorella Sanità” copre un periodo di almeno 10 anni. Se Damiani dovesse decidere di collaborare con la giustizia sarebbe devastante in ragione del suo incarico di responsabile della Centrale unica di committenza per gli appalti sanitari. Nel frattempo la Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di Antonio Candela. L’ex manager dell’azienda sanitaria di Palermo ed ex responsabile della cabina regionale per l’emergenza Covid è e sarà ancora ristretto ai domiciliari. E ciò nonostante il procuratore generale della Cassazione ha chiesto l’annullamento con rinvio della decisione del Riesame che ha confermato la misura cautelare, in riferimento però alle sole esigenze cautelari e non per i gravi indizi di colpevolezza.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)