In bilico il destino delle Province siciliane. 300 milioni di euro dal governo nazionale altrimenti il fallimento. Il responso a breve. I dettagli della trattativa.
Le Province siciliane sono sull’orlo del precipizio della bancarotta. Si lavora per trattenerle, scongiurando la caduta. Il presidente della Regione, Nello Musumeci, già presidente della Provincia di Catania, ha lanciato un accorato appello al governo Conte affinchè gli Enti locali intermedi, tra Regione e Comuni, siamo mantenuti in vita rimediando al dissesto finanziario da cui sono afflitti. Un tavolo di confronto a Roma, al ministero dell’Economia, è attivo tra i governi regionale e nazionale. Sono due i provvedimenti attesi. Urgentemente. Il semaforo è verde sul primo, ovvero una norma invocata dall’Anci, l’Associazione nazionale dei Comuni, per consentire, tra l’altro, di redigere bilanci annuali e non triennali, facilitando così il compito amministrativo di previsione della spesa, imprevedibile e incerta. Il secondo provvedimento è invece ancora in bilico ed è il più vitale perché si tratta di soldi. Ancora l’Anci ha bisogno di 300 milioni di euro per le Province siciliane. Tra le nove, una, Siracusa, ha già dichiarato il default, il dissesto finanziario. Le altre arrancano e, se non accade nulla, anch’esse falliranno. Entro domani, martedì 7 maggio, è atteso il responso. Forse sarà concessa alle Province la possibilità di approvvigionarsi di liquidità attingendo temporaneamente dai fondi Fsc, ossia i soldi del Fondo sviluppo e coesione 2014 – 2020, e tamponare l’emergenza. Nel frattempo si lavorerebbe per rimediare alla causa che a monte provoca la crisi finanziaria delle Province, che è il prelievo forzoso, il contributo di risanamento alla finanza pubblica, quindi i tanti soldi che lo Stato preleva forzosamente annualmente dalle Province per renderle compartecipi del risanamento del debito pubblico. I soldi del prelievo forzoso superano spesso e in tanti casi i soldi che poi lo Stato e la Regione trasferiscono alle Province. Dunque il saldo è passivo. Ecco perché il presidente Musumeci e l’assessore Armao hanno invitato i parlamentari siciliani ad impegnarsi affinchè a Roma sia predisposto un decreto legge sugli Enti Locali che cancelli o renda meno doloroso il prelievo forzoso. Ancora nel frattempo gli amministratori delle Province siciliane sono sul piede di guerra. Lo scorso primo maggio, Cateno De Luca, presidente della Provincia di Messina, ha consegnato la “fascia azzurra” della carica al prefetto di Messina, a conclusione di una manifestazione di protesta a cui hanno partecipato 73 Comuni della provincia Peloritana. De Luca inoltre guerreggia per il rinvio delle elezioni indirette alle Province in calendario domenica 30 giugno, ed ha annunciato una seconda manifestazione dei sindaci a Palermo venerdì 17 maggio. Ancora Cateno De Luca lo scorso febbraio ha letteralmente chiuso la Provincia di Messina, costringendo i circa 800 dipendenti a ferie forzate. La replica del vice presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, al momento è stata funerea: “Le Province sono uno spreco. E’ inutile ammalarsi di amarcord per farle ritornare. Chi le vuole ricostruire si cerchi un altro alleato”.
Angelo Ruoppolo (Teleacras)