“Sparatoria Villaggio Mosè”, “omicidio per errore”

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La colluttazione innanzi alla concessionaria Zambuto ad Agrigento avrebbe provocato un “reato aberrante”, un omicidio per errore. La Procura notifica l’avviso di conclusione delle indagini.

La Procura della Repubblica di Agrigento ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, anticamera dell’istanza di rinvio a giudizio, ai tre indagati di Palma di Montechiaro a seguito della sparatoria nel pomeriggio di venerdì 23 febbraio scorso ad Agrigento al Villaggio Mosè nel parcheggio antistante l’auto-concessionaria di Lillo Zambuto, “LZ AutoXpassione”. Il pubblico ministero, Gaspare Bentivegna, contesta ad Angelo Di Falco, 39 anni, fratello della vittima Roberto, 38 anni, Domenico Avanzato, 36 anni, e Calogero Zarbo, 40 anni, un’ipotesi di reato alquanto non ricorrente. Si tratta, tecnicamente, del “reato aberrante”, ovvero il reato commesso per un errore di esecuzione o con modalità diverse, e che colpisce un soggetto diverso dal previsto. Infatti, in latino, “aberratio” significa ‘diverso’, ‘sbagliato’, quindi l’omicidio di Roberto Di Falco, 38 anni, di Palma di Montechiaro, sarebbe stato un omicidio per errore.

Ancora più nel dettaglio, si tratterebbe di “aberratio ictus”, ovvero ‘errore nel colpo’, ‘deviazione del colpo’. Infatti, lui, la vittima, Roberto Di Falco, il fratello, entrambi commercianti di automobili, e i loro due amici, Avanzato e Zarbo, sono giunti alla concessionaria di Zambuto forse perché animati dal vendicarsi del non essere stati pagati per una compravendita di automobili. I quattro avrebbero aggredito Zambuto, si è scatenata una colluttazione, e il trambusto ha partorito lo sparo di un colpo di pistola che (ed ecco perché ‘errore nel colpo’, ‘deviazione del colpo’) ha ferito gravemente Roberto Di Falco, poi morto appena giunto al Pronto soccorso dell’ospedale “San Giovanni di Dio” ad Agrigento. Più nel dettaglio: Roberto Di Falco è stato ucciso dalla stessa pistola da lui impugnata per verosimilmente sparare e uccidere Zambuto che, reagendo d’istinto (“con una mossa imparata durante il servizio militare” – ha raccontato), ha deviato la canna, e l’esplosione ha colpito Roberto Di Falco. Angelo Di Falco avrebbe quindi raccolto la pistola e avrebbe tentato di sparare contro uno dei due figli di Zambuto, ma l’arma si è inceppata.

Ecco perché si contestano anche le ipotesi di reato del tentato omicidio di Zambuto e il porto abusivo d’arma da fuoco, ancora non trovata. Una valutazione diversa di quanto accaduto è stata sostenuta dal Tribunale del Riesame, presieduto dal giudice Antonia Pappalardo, che lo scorso 15 marzo ha annullato l’ordinanza del collega di Agrigento, Giuseppe Miceli, per la contestazione del reato di omicidio per errore ai tre palmesi arrestati. Secondo la dottoressa Pappalardo la tesi del giudice Miceli è corretta ma non si è trattato di ‘omicidio per errore’ ma di un omicidio per legittima difesa. Il concessionario di auto, Zambuto, quando ha visto spuntare la pistola e l’ha spostata deviando il colpo sull’addome di Roberto Di Falco, si è solo difeso da un tentativo di omicidio ai suoi danni. La sua condotta, quindi, deve essere scriminata, mentre ai tre indagati è da contestare il tentato omicidio ai suoi danni e non l’omicidio per errore di un componente del loro commando, ossia Roberto Di Falco.

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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