In Parlamento è stato rinviato a dopo la Finanziaria l’esame della riforma delle Province. Stop in Sicilia alle procedure per il voto. Pronta una nuova infornata di commissari.
Una delle prime incombenze all’ordine del giorno dell’Assemblea Regionale al rientro dopo la pausa estiva è l’esame e l’approvazione della procedura verso il voto per ripristinare con l’elezione diretta le ex Province. Secondo il disegno di legge già approvato dalla Commissione Affari istituzionali di Sala d’Ercole, alle urne si sarebbe stati tra il 15 ottobre e il 30 novembre. Tuttavia lo stesso disegno di legge è atteso in Commissione Bilancio, e poi in Aula. La barca salperà quindi non prima della seconda metà di settembre. E si imbatterà nel primo scoglio, ovvero la legge nazionale di riforma delle Province, che è sotto esame in Commissione Affari istituzionali al Senato. E bisognerà attendere l’ok del Parlamento, e dunque navigare in sintonia Palermo e Roma per evitare che la riforma approvata in anticipo in Sicilia sia impugnata dal governo nazionale.
Dunque è molto probabile che si voterà tra il 15 aprile e il 30 giugno 2024 in concomitanza con le Europee. Anche perché in Parlamento il disegno di legge si è arenato a fronte di altri punti all’ordine del giorno di rilievo, come la Finanziaria. Infatti, la discussione è stata rinviata a dopo l’approvazione della Legge di stabilità targata Meloni, e quindi a novembre.
In Sicilia si prospetta di conseguenza una nuova infornata di commissari nelle ex Province, dove saranno destinati dirigenti della Regione. Anche ad Agrigento, dove lo scorso 31 agosto è scaduto il mandato di Raffaele Sanzo. E l’ennesimo stop alla riforma e alle elezioni è stigmatizzato dal Movimento 5 Stelle a Palazzo dei Normanni. Il capogruppo, Antonio De Luca, interviene così: “Ci dispiace per i nostalgici ma siamo felici per le tasche dei cittadini che potranno risparmiarsi di mantenere lo stipendificio delle cariche politiche nelle Province. Schifani è il governo che si piazza primo per le cose inutili. Morale: una gran magra figura di livelli colossali. Lo diciamo da anni: alle ex Province servivano contenuti, non poltrone politiche. Lo abbiamo ripetuto a gran voce anche all’attuale presidente della Regione che, dal momento della sua elezione, parla di questa vera e propria restaurazione, individuando addirittura una data per le elezioni, pensando a liste, apparentamenti politici e cariche. Cosa intendono fare adesso per il pasticcio dei commissari? Un’altra proroga?
Nel frattempo grazie al centrodestra a pagare saranno sempre i cittadini” – concludono i deputati pentastellati. Ecco i costi dell’operazione in Sicilia: serviranno subito 16 milioni di euro per il primo anno di attività delle nuove Province, tra elezioni e compensi per i politici. I cittadini eleggeranno direttamente 9 presidenti, che nomineranno 61 assessori. E poi 246 consiglieri provinciali. In totale saranno 316. I loro compensi saranno stabiliti dalla legge nazionale che si applicherà anche in Sicilia. Si stima che saranno necessari, ogni anno, circa 11 milioni di euro.
Giuliana Miccichè