“Occorre riconoscere le attenuanti generiche e fra questi lo stress da Covid. Si chiedono 24 anni”
Ecco la richiesta da parte della Procura Generale, al processo d’appello “bis”, nei confronti di Antonio De Pace, il giovane infermiere calabrese accusato dell’uccisione della fidanzata ventisettenne, di Favara, Lorena Quaranta. L’accusa, anche alla luce del pronunciamento della Cassazione, insiste nel chiedere il riconoscimento delle attenuanti generiche nei confronti dell’imputato. Una circostanza che, qualora venisse accolta dai giudici della Corte di Assise di Appello di Reggio Calabria, eviterebbe la condanna all’ergastolo di De Pace.
La Suprema corte, nel ribadire in maniera definitiva la colpevolezza dall’imputato, ha imposto ai giudici di valutare la concessione delle attenuanti generiche, e quindi uno sconto di pena, legato all’eventuale stress da Covid. Si torna in aula il 28 novembre per la sentenza.
L’infermiere calabrese era stato dichiarato capace di intendere e di volere, quindi imputabile, al termine della perizia effettuata per conto della procura dal professore Stefano Ferracuti che aveva evidenziato l’assenza di “disturbi psichiatrici” nel ragazzo, all’epoca dei fatti vittima di una “importante condizione ansiosa”. La giovane studentessa di Medicina, è stata uccisa in una villetta di Furci Siculo, in provincia di Messina, il 31 marzo 2020, nella prima fase della pandemia.