Un mese dall’inizio del conflitto Russia-Ucraina, che doveva essere una guerra lampo da mettere a segno in 72 ore, ed invece l’Ucraina resiste e il mondo è ancora con il fiato sospeso.
Tutto è iniziato con quel discorso di Putin in cui si annunciava un’operazione speciale per “denazificare” l’Ucraina, ma in realtà era una invasione, ripida sulla carta ma fermata invece da una resistenza inaspettata.
Zelensky indossata la maglietta mimetica si trasforma proprio nell’immagine della resistenza di un intero popolo, gli appelli al mondo, il voler restare tra la sua gente. E ancora la comunità internazionale che si compatta, la geopolitica che ridisegna i suoi profili e la minaccia nucleare che fa sempre più paura, di fronte a Putin che sigilla il suo paese dove non si può manifestare, nominare la parola guerra, navigare su internet, perché la verità vista da Mosca sembra davvero essere rovesciata.
E poi gli ucraini che combattono, che fuggono e poi la porta aperta dell’accoglienza.
Un mese che vale un libro di storia, da riscrivere.
Un mese in cui abbiamo imparato a memoria i nomi delle città ucraine sotto assedio, bombardate; nomi che ignoravamo fino ad un mese fa e che non sapevamo neanche dove fossero posizionate sulla cartina geografica. Oggi di quelle città conosciamo ogni dettaglio, mentre cadono sotto le bombe che hanno distrutto ospedali e teatri e abitazioni civili, mente provano con tutte le loro forze a resistere, mentre le famiglie vengono sventrate, i bambini destinati ad un futuro difficile, lontani dalle loro case e da una serenità che spetta invece loro di diritto.
Un mese scandito da tensione altissima, con migliaia di vittime e milioni di profughi. La risacca della guerra trascina le vite squassate dal naufragio dell’Ucraina invasa. Valigie gonfie di relitti di una vita che si sa dove e perché è finita ma si ignora dove e quando ricomincerà.
Gente che si sposta su campi minati, donne con i bambini, bambini che si spostano da soli e che rischiano di alimentare la tratta.
Sono stremati e non riescono neanche a provare sollievo. I bambini tacciono. I loro silenzi pare circondarli.
Nelle città bombardate però restano anziani e disabili e chi non ha nessuno.
Un mese di guerra che ha il volto delle donne, che provano a mettersi in salvo, a mettere in salvo.
Abbiamo familiarizzato con parole come bunker, coprifuoco, sirene, contraerea, corridoi umanitari.
Abbiamo conosciuto il presidente ucraino Zelensky che ha dimostrato di avere nervi saldi e capacità strategiche, che ancora oggi invita il mondo a schierarsi dalla parte giusta, a scendere in piazza, a dire no alla guerra.
Un mese di guerra in cui cresce la ferocia russa, così come crescono preoccupazioni e problematiche a livello mondiale che però pesano sulla vita di tutti. Paura per le centrali nucleari, paura di una guerra sul filo del rasoio, paura per un futuro che è difficile da riscrivere.
L’offensiva russa sale di livello ogni giorno di più ma l’Ucraina resiste e Kiev – che è l’obiettivo di Putin – non si arrende.
Bombe al fosforo. La Russia è in difficoltà e così usa armi vietate dalle convenzioni internazionali, spara sui civili e chiede i pagamenti del gas in rubli.
Un mese di guerra, e di morte; muoiono civili, tanti civili, bambini e giornalisti. Oggi è morta sotto i colpi di artiglieria la giornalista russa Oksana Baulina, che stava documentando la distruzione di Kiev provocate dalle truppe del suo stesso paese dal quale era dovuta fuggire a causa delle sue inchieste anticorruzione.
Un mese che ha cambiato la vita di tutti, un mese in cui ci si sveglia sperando che di sentire che è tutto finito, ma la fine ancora non lascia intravedere la sua ombra.