Con tutta la memoria che si possa avere, anche la più brillante, nessuno può ricordare un sindaco di Agrigento più maltrattato e quasi vituperato come Francesco Miccichè.
Nella politica, lo sappiamo bene, tutto può starci. Opposizione, contrasti, richieste, sottogoverni, guerre e improperi. Per Miccichè non è stato così. Se c’è una maggioranza è chiaro che deve esserci anche una opposizione. Facilmente immaginabile una opposizione politica. Per lui, ribadiamo non è proprio così.
E pensare che le opposizioni contro il sindaco di Agrigento iniziano per le strade, sui social, su sparuti gruppi dove alcuni militanti non sono stati “degnamente” accontentati dal primo cittadino. Ultimo esempio, il più classico, lo sbugiardato Giuseppe Di Rosa, del Codacons, il quale, da sempre, ha negato che alla base dei suoi attacchi ci sia il mancato “approvvigionamento” (è il caso di dirlo…) di un assessorato. Ieri, in un video che certamente entrerà nella storia agrigentina e dei suoi personaggi, è stato accertato sistematicamente il contrario. La promessa non mantenuta nei suoi confronti ha fatto scatenare le sue ire. E chi lo sostiene? Semplice: lui stesso! Dice in un suo video: “Quando l’on. Di Mauro mi disse che a tagliarmi fuori dalla squadra era stato il sindaco designato (Miccichè) la prima cosa che ho risposto è stata: ah, si, adesso li farò arrestare tutti… Li manderò tutti in galera…”.
Miccichè deve fare i conti con i detrattori, quegli odiatori sociali che ormai da tempo lo additano come il peggiore nemico della città. Odiatori sociali che non risparmiano invettive e lerciume nei suoi confronti, proveniente da persone che davvero hanno poco o nulla da chiedere alla vita. Fra questi un porco bello e buono, con tanto di scuse nei confronti del suino, il quale è andato oltre i confini della decenza (essendo lui un misero essere umano) con una signora, definendola “la troia con il Suv”.
Ma del resto, di un soggetto del genere cosa puoi aspettarti? Quel Monsignor Della Casa aveva cazzi da scrivere il suo “Galateo dei costumi”; un costume che il maiale agrigentino non ha mai indossato e non potrà mai indossare. Gli viene troppo stretto.
Maiali e odiatori sociali a parte, i guai per per Franco Miccichè iniziano allorquando si oltrepassa la porta di Palazzo di Città. Li ti aspettano al varco quelli dell’opposizione. Costruttiva o no, seria o poco seria, si deve contraddire ciò che sostiene la maggioranza e, di conseguenza, ecco le repliche. Ci sta, è nella logica della politica.
Ma quando i bocconcini avvelenati provengono dal fuoco amico, da quelli che dovrebbero sorreggere il primo cittadino nelle difficoltà, la pochezza umana esce tutta allo scoperto. L’azzeramento della Giunta corrisponde esattamente al significato di un noto proverbio siciliano che recita testualmente: “Tiru a lei e acchiappu a vossia…“.
Gli assessori, alla fine, sono vittime sacrificali da mettere sul banco di prova e certamente sono i primi a pagare. Ma il vero segnale non è rivolto a loro, i quali pagano un caro prezzo dovuto alla totale distanza di coloro i quali dovrebbero fare da “trasportatori” e collettori tra piazza Pirandello e piazza Indipendenza, sede della Regione siciliana.
Se poi il Consiglio comunale, fronte maggioranza, boccia importantissimi strumenti finanziari in sole due sedute, schiacciando totalmente chi dovrebbe adoperarli, il gioco è fatto.
Ma si tratta di un gioco assolutamente sporco…