“Via D’Amelio”, archiviato Cinà

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La strage contro Paolo Borsellino: il Tribunale di Caltanissetta archivia l’indagine a carico del medico di fiducia di Riina, Antonino Cinà. I dettagli.

Il 20 aprile del 2018, accogliendo quanto proposto dalla Procura di Palermo, la Corte d’Assise presieduta da Alfredo Montalto, a conclusione del processo di primo grado sulla presunta “trattativa” tra Stato e mafia all’epoca delle stragi, ha inflitto 12 anni di carcere, per il reato di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato, ad Antonino Cinà, 76 anni, il medico di fiducia di Riina, Provenzano, Bagarella e delle loro famiglie durante la latitanza, colui al quale lo stesso Riina avrebbe affidato il famigerato “papello”, ovvero le condizioni di Cosa Nostra allo Stato per invertire la rotta della stagione delle stragi. Poi Cinà avrebbe consegnato il “papello” a Vito Ciancimino che, nell’estate del ’92, avrebbe intrapreso un dialogo segreto con alcuni Carabinieri del Ros per stoppare le stragi. Adesso la giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Caltanissetta, Valentina Balbo, ha archiviato l’indagine a carico dello stesso Antonino Cinà, indagato di avere avuto un ruolo nella strage di via D’Amelio e la morte del giudice Paolo Borsellino e dei poliziotti di scorta. Il ruolo di Antonino Cinà sarebbe stato il concorso nella presunta decisione di anticipare la strage contro Borsellino per il timore che il giudice, avendo scoperto la presunta trattativa in corso tra pezzi dello Stato e la mafia, ne avesse poi impedito la prosecuzione. Secondo la giudice Balbo, però, non sarebbe emerso nessun elemento utile a concludere che Antonino Cinà sia stato al vertice di Cosa Nostra tanto da partecipare a decisioni importanti come gli omicidi eccellenti. Inoltre, nemmeno è stata accertata la partecipazione di Cinà alla riunione che deliberò la strage di via D’Amelio. E’ stato Massimo Ciancimino a raccontare che Cinà è stato l’intermediario tra i boss e i rappresentanti delle Istituzioni, ai quali avrebbe consegnato il “papello” di Riina. Inoltre, a conferma dell’ipotesi della necessità di anticipare la strage Borsellino vi sarebbero le dichiarazioni di Giovanni Brusca che ha raccontato: “Ho saputo da Totò Riina che qualcuno si era fatto sotto, che le richieste del ‘papello’ erano state dichiarate ‘esose’ dagli uomini dello Stato e che dunque serviva un altro colpetto. E cioè, dopo Giovanni Falcone bisognava ammazzare pure Borsellino”. Su quanto asserito da Brusca la Procura di Caltanissetta diverge da quanto sostenuto dai colleghi magistrati della Procura di Palermo, che scrivono: “Può dirsi estremamente chiaro come Giovanni Brusca abbia collegato solo in maniera deduttiva le considerazioni che gli aveva fatto Riina, sull’ostacolo da superare, alla persona del dottore Borsellino, deduzione che però allo stato non è assistita da alcun elemento oggettivo in grado di farla assurgere a dignità di prova”. Su tale argomento, relativo alla presunta “trattativa”, la giudice Balbo non è intervenuta nel merito ritenendolo non di competenza del procedimento a carico di Antonino Cinà per la strage di via D’Amelio che, pertanto, è stato archiviato.

 

Angelo Ruoppolo (Teleacras)

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